Una ricerca condotta su più di cinque milioni di libri pubblicati negli Stati Uniti e Gran Bretagna nel periodo dal 1900 al 2000, successivamente digitalizzati e contenuti in un database, evidenzia la progressiva diminuzione di parole che esprimono stati d’animo e emozioni.
La ricerca ha rilevato, inoltre, che l’emozione più in disuso è il disgusto e quella più utilizzata la paura.
Sono cambiati gli scrittori? E’ diminuita la capacità di discriminare le emozioni e quindi descriverle? Come mai i libri raccontano sempre meno le emozioni?
Di: Letizia Mannino
Vorrei giocare con il titolo, vorrei dire che oggi il lettore non è più capace di “leggere” le sue emozioni( ad es. di distinguere la rabbia dalla sofferenza,la paura dalla confusione generata da una mancanza di progetto etc).Il mercato editoriale si adegua alle attese e alla condizione del lettore medio e quindi…Se pensiamo che il libro(il romanzo è il genere letterario più letto) dovrebbe costituire un’esperienza”di esplorazione dell’esistenza”, l’interrogativo si sposta sul lettore perchè sono molti i testi che ci aiuterebbero a capire meglio noi stessi e il nostro”destino” (penso ad una delle mie ultime letture che consiglio vivamente: “Giobbe” di J. Roth). E allora ,come dicevo, la domanda è:il lettore medio è ancora interessato a fare della lettura un’esperienza di riflessione sull’esistenza? E’ interessato a trovare un senso alla propria vita? E’ interessato a vivere le emozioni che accompagnano inevitabilmente questa”avventura”?