Immagine da ‘La Repubblica’
Un articolo di Roberto Volpi sul quotidiano ‘Il Foglio’, ‘Il matrimonio religioso a grandi passi verso la scomparsa’, riporta alcuni dati sulla progressiva diminuzione dei matrimoni in Italia : “ Era il 1963, quando i matrimoni celebrati con rito religioso raggiungevano il punto più alto della loro corsa al rialzo: 414.652, pari al 98,7 per cento del totale dei matrimoni (laici e cattolici si sposavano: tutti e in chiesa). E’ il 2013, quando i matrimoni celebrati con rito religioso raggiungono il punto più basso del loro lungo precipitare: 111.545, pari al 57,5 per cento del totale dei matrimoni”. (Il Foglio)
Viene messo in evidenza un certo ruolo svolto anche dalla Chiesa (…) “che ha impresso alla preparazione al (e alla concezione del) matrimonio un’aria grave e pensosa, una nota di persistente preoccupazione, quasi un senso di pericolo”(…). (Il Foglio)
Non c’è dubbio che il matrimonio richiede una certa quota di slancio e di entusiasmo. Non incoscienza ma neppure iper-coscienza. Alla base del matrimonio ci dovrebbe essere un’adeguata maturità ed equilibrio personale di ciascun partner. Quando la vita di coppia viene intrapresa per scelta e non per bisogno, per paura di stare da soli, per mancanza di sicurezza e autonomia, il percorso insieme è meno tortuoso. Le incomprensioni possono essere più superabili perché meno facilmente danno adito a vissuti personali, solo per fare degli esempi, di squalifica o di limitazione dei propri spazi.
Anche l’aspetto economico che sempre più spesso viene citato a spiegazione del progressivo calo delle nascite richiede di non cadere negli estremi. Se è vero che i figli devono essere curati e alimentati in modo sano (e tutto questo richiede anche una disponibilità economica) non è però mecessario comprargli ‘l’ultimo modello’ di tutto e comprare tutto. I figli essenzialmente hanno bisogno di sentirsi amati di avere dei punti di riferimento. Occorre prestare attenzione che la preoccupazione di fornire beni materiali non copra la difficoltà e il timore di dover offrire ‘beni immateriali’, ben più importanti, come l’affettività.
Di: Letizia Mannino