Da una ricerca condotta da due sociologi americani Keith Robinson (Texas University) e Angel Harris (Duke University) è emerso che l’impegno dei genitori nell’aiutare i figli a fare i compiti a casa non contribuisce a migliorare il rendimento scolastico. Secondi quanto emerso dai test somministrati dai due ricercatori in tutti gli Stati Uniti il miglioramento è risultato irrilevante nel 55% dei casi, addirittura contraoproducente per il 30% e positivo per il restante 15%.
Robinson spiega che i genitori sono importantissimi ma dovrebbero stare vicino ai figli in un modo più soft. Il loro ruolo non è tanto quello di coinvolgersi nelle attività scolastiche dei ragazzi ma di comunicare e far capire l’importanza della cultura e dello studio per il loro futuro.
A questo proposito Robinson ricorda che suo padre, che faceva parte della minoranza di colore, dava molta importanza alla cultura: «Quando tornavo da scuola mi chiedeva come era stata la mia giornata, voleva sapere, mi faceva sentire che la mia educazione era importante per lui, mi comunicava fiducia. Sapevo che i miei sarebbero stati orgogliosi di quello che facevo a scuola, e mi bastava, era come se avessi un pilota automatico interno, non avevo bisogno che fossero coinvolti nei dettagli della mia educazione, perché avevo interiorizzato il messaggio».
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Il dato interessante che emerge dalla ricerca non è tanto se i figli vanno aiutati o meno nei compiti, perchè ogni genitore dovrà decidere per il caso particolare, ma che la valutazione dovrebbe avvenire in sintonia con le esigenze dei ragazzi. Come viene ricordato nell’articolo il coinvolgimento dei genitori non deve essere sentito come un obbligo personale e sociale perchè in questo caso ci sarebbe il rischio che venga modulato più sulle aspettative sociali (ad esempio la scuola, il contesto sociale) che non sui bisogni dei figli.
Di: Letizia Mannino