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Famiglia, adolescenti e internet

Prendendo spunto dai dati emersi dall’indagine Ocse sul benessere dei ragazzi, emerge che un quarto degli adolescenti italiani passa più di 6 ore al giorno connesso a internet:  sul quotidiano ‘La Repubblica’ l’articolo ‘Adolescenti e internet, se il problema sono i genitori’.

Infatti l’aspetto critico non sono le tecnologie ma come vengono utilizzate. C’è un uso professionale o di studio e, un uso sociale. Sempre più spesso l’utilizzo dei social distrae dalla relazioni reali, magari con la persona che si ha davanti. In questo senso la famiglia costituisce un modello. Se i genitori sono i primi che interrompono le conversazioni in famiglia per guardare lo smartphone o per rispondere al telefono va da se che non ci si può aspettare un comportamento molto diverso dai figli. Quindi se gli adulti quando quando si trovano in famiglia si mostrano orientati verso le relazioni e interessati a dialogare con i figli, diventa possibile che i ragazzi si adeguino al modello genitoriale.

Spiega lo psichiatra Federico Tonioni, direttore dell’ambulatorio sulle dipendenze da internet del Policlinico Gemelli di Roma:”Il problema non è la quantità di tempo trascorsa navigando in internet: oggigiorno è normale che i ragazzi studino e socializzino in rete”.  “Il vero allarme è quando le relazioni online prendono il sopravvento su quelle reali, imprigionando i ragazzi in un ritiro sociale dalle conseguenze gravi”.

Le relazioni tramite internet escludono gran parte della comunicazione non verbale che invece svolge un ruolo fondamentale nelle comunicazioni sociali e affettive. Inoltre questa forma di comunicazione ‘mediata’ può ‘coprire’ le difficoltà relazionali dei ragazzi. Ad esempio problemi di timidezza vengono più facilmente affrontati se ‘protetti’ dallo schermo. Inoltre può essere interferita la capacità di riconoscere e gestire le emozioni perché il canale comunicativo ne modifica l’espressività

Citando sempre Tonioni, “Per esempio, davanti alla webcam difficilmente arrossisco. E in assenza di contatto fisico la tensione emotiva non si esplica ma si accumula in una sorta di gomitolo di rabbia repressa”. E ancora: “Lo osserviamo tutti i giorni in ambulatorio: i ritirati sociali sfuggono il contatto visivo, non ti guardano negli occhi”

Spiega lo psichiatra come la diffusione delle tecnologie abbia contribuito ad ostacolare due componenti  fondamentali del processo di crescita: la capacità di aspettare e di stare da soli.

Ma per intervenire su questi aspetti educativi è necessario aiutare i genitori ad essere più presenti nella relazione con i figli…

Fonte: La Repubblica, Adolescenti e internet, se il problema sono i genitori

 

Scritto da: Letizia Mannino

Saper stare da soli per trovare l’amore

L’ultimo video di Alain de Botton pubblicato su Internazionale affronta il tema della coppia da una prospettiva interessante, cioè mette l’attenzione sull’importanza di saper stare da soli per poter stare bene in coppia. Perché in effetti se si ha difficoltà a vivere la condizione di single potrebbe risultare problematico comprendere le caratteristiche importanti da trovare in un partner e rendere critico chiudere una relazione anche se insoddisfacente.

Dice Alain de Botton “Dopo una certa età la società ci spinge a pensare che essere single sia un problema grave… Ma non possiamo scegliere serenamente il nostro partner se l’idea di restare soli ci spaventa. Accettare di essere single a lungo è l’unica possibilità per avere una buona relazione”.

Fonte Internazionale ‘Perche solo i single felici trovano il vero amore’

Video

 

Scritto da: Letizia Mannino

Ocse, gli adolescenti italiani stressati a scuola

L’articolo ‘La scuola italiana tra le più stressanti al mondo. Un quarto degli adolescenti Internet-dipendente’, del quotidiano ‘La Repubblica’ riporta alcuni dati dello studio condotto dall’OCSE sul benessere dei quindicenni .

Secondo i dati pubblicatti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (che mette insieme i dati di 58 economie e Paesi di tutti e cinque i continenti), i giovani italiani sono mediamente meno soddisfatti dello loro vita quotidiana di quanto non lo siano i coetanei che vivono in altri Paesi.

La percentuale di quindicenni italiani che dichiarano di sentirsi “molto tesi quando studiano” è di circa 56 punti contro la media Ocse che non raggiunge il 37 per cento. L’ansia prima di un compito o di una interrogazione non sembra essere motivata da preoccupazione per la preparazione  perché il 70% degli adolescenti italiani (56% il dato generale dell’OCSE) la avverte anche quando ritiene di avere studiato adeguatamente. L’ansia sembra sostenuta dalla paura del rendimento, cioè di prendere un brutto voto (85% italiani, 66% dato generale Ocse). Un dato interessante è che il 77% dei quindicenni si sentono preoccupati quando si trovano davanti un compito che non sanno risolvere.

Per quanto riguarda le relazioni sociali invece i ragazzi italiani non hanno problemi e dichiarano di fare amicizie più facilmente di quanto non riferiscono i coetanei di altre nazioni. Diverso il discorso per i ragazzi stranieri che invece non si sentono adeguatamente accettati.
Lo studio Ocse che indaga anche gli  aspetti della salute riferisce come gli adolescenti italiani esagerino con l’utilizzo di internet. Infatti il 23,3% dichiara di trascorerre più di 6 ore al giorno connesso, al di fuori della scuola. Inevitabile che queste abitudini incidano sullo studio, sul sonno, sull’umore e quindi sul benessere generale. (Fonte La Repubblica, La scuola italiana tra le più stressanti al mondo. Un quarto degli adolescenti Internet-dipendente)

Sarebbe interessante riflettere sul dato riguardante l’ansia riportato dallo studio, che mette in evidenza come non sembri essere motivata dal timore di essere impreparati, ma piuttosto dalla preoccupazione del voto e quindi del giudizio. E’ importante che i ragazzi possano sentire la scuola come una palestra dove allenarsi e dove il risultato in qualche modo è il punto di arrivo… mentre sembra che talvolta la preoccupazione del rendimento ostacoli un processo di apprendimento nel quale l’errore è anche una occasione di crescita, perché aiuta dal punto di vista cognitivo a non apprendere meccanicamente ma a comprendere meglio il processo e, dal punto di vista emotivo, le proprie difficoltà, attitudini ecc.

In merito alla preoccupazione di un compito che non si sa risolvere, c’è da fare qualche riflessione circa la possibilità che alcuni alunni di fronte un compito ‘nuovo’, piuttosto che cercare di attingere alle proprie conoscenze per poterlo capire cerchino prevalentemente di ricordare i ‘procedimenti’. E’ evidente che in questi casi si può innescare un circolo vizioso perche l’ansia determinata dal trovarsi di fronte un compito diverso da quanto atteso influisce sui processi cognitivi così da accentuare l’idea di non essere in grado di risolverlo.

Foto pixabay
Scritto da: Letizia Mannino

La giornata internazionale della felicità

Il 20 marzo in tutto il mondo viene celebrata La giornata della felicità voluta dall’Onu con una risoluzione del 28 giugno 2012.

Oggi, tutti i principali quotidiani hanno dedicato un articolo all’argomento parlando dei fattori che contribuiscono a sentirsi ‘felici’.

Secondo uno studio dell’Università di Otago in Nuova Zelanda – pubblicato sulla rivista The Journal of Positive Psychology e riportato dall’Ansa –  il segreto potrebbe risiedere nel fare attività semplici di rilassanto e creative come dipingere, lavorare all’uncinetto, scrivere poesie, cucinare e altro ancora.

Alcuni ricercatori californiani, invece, ritengono che il picco della felicità si raggiungerebbe dopo i 40 anni nonostante a quell’età possano già comparire degli acciacchi.

Infatti i dati di una ricerca della University of California San Diego School of Medicine, pubblicata su Journal of Clinical Psychiatry, indica come i periodi più stressanti della vita la fase dai 20 ai 30 anni.  E stando a questi risultati all’aumentare dell’età crescerebbe la possibilità di avere un maggiore benessere emotivo.

L’articolo dell’Ansa riporta anche alcuni dati relativi alla classifica dei ‘paesi felici’che vede la Danimarca al primo posto mentre l’Italia si trova al 50esimo per il secondo anno consecutivo. Secondo lo studio i paesi che presentano un calo nella valutazione del benessere della vita hanno in comune che soffrono di tensioni politiche, sociali ed economiche. Tra questi paesi si trova la Grecia, l’Italia e la Spagna.

Invece ai vertici della classifica si trovano i paesi dell’Europa Centro-Settentrionale come la Svizzera (che passa dal primo posto del 2015 al secondo posto), l’Islanda, la Norvegia e la Finlandia. Ancora Canada, Olanda, Nuova Zelanda, Australia e Svezia. Seguono gli Stati Uniti (tredicesimi), la Germania (sedicesima), il Regno Unito (ventitreesimo) e la Francia (trentaduesima).  (Fonte Ansa – Alla ricerca dei segreti della felicità).

Uno dei motivi per cui, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, con il passare degli anni aumenta la percezione di ‘felicità’ può essere spiegato dal fatto che fino ai 40 anni circa si è maggiormente impegnati nella ricerca di una stabilità lavorativa, economica e familiare. Con il passare del tempo la tensione legata alla realizzazione personale dovrebbe allentarsi. Occorre quindi chiedersi cosa può mutare nell’attuale situazione in cui è presente un’importante problema di disoccupazione e dove la precarietà lavorativa  talvolta  può durare per tutta la vita professionale di un individuo?  Inoltre come dimostrano i dati Istat anche la vita della famiglia è andata incontro a diversi mutamenti che comportano  una minore stabilità dei rapporti di coppia e un significativo calo delle nascite. Da chiedersi se e in che modo i due fenomeni – instabilità lavorativa e instabilità della famiglia – potrebbero essere connessi.

A questo proposito può essere utile ricordare l’articolo 3 della Costituzione Italiana:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Quindi se da una parte è importante che ciascuno si impegni a livello personale per la sua realizzazione individuale, emotiva, lavorativa ecc, si ritiene che dall’altra anche le Istituzioni dovrebbero impegnarsi a mettere condizioni tali  da salvaguardare e favorire la fiducia nel futuro.  Sarebbe importante che i giovani in particolare possano avere il senso che ad un impegno serio, sia a livello di formazione che di responsabilità nelle esperienze lavorative, possa  corrispondere un risultato adeguato. Tutto questo  per permettere una realizzazione nell’ambito professionale, condizione necessaria per lo sviluppo di una progettualità familiare.

Fonte foto pixabay

Scritto da: Letizia Mannino

La festa del papà… social

Scritto da: Letizia Mannino

Il cambiamento degli uomini

Il rapporto tra uomini e donne nel tempo si sta modificando ma questo non sempre implica che i cambiamenti siano autenticamente accettati. Sembra, ad esempio, che alcuni uomini non gradiscano un capo donna o che avere una partner che guadagna di più può costituire un problema.

Il Corriera della Sera – 27esima Ora ha lanciato un inchiesta multimediale, che si concluderà a fine estate, sul tema del cambiamento degli uomini.

Il quotidiano riporta i dati dell’indagine ‘Il tempo degli uomini’ condotta su un campione di duemila uomini tra i 18 e i 72 anni. Il questionario composto da ottanta domande circa e somministrato nel corso del mese di febbraio esplora diverse aree e rileva le diverse contraddizioni che stanno affrontando gli uomini oggi.

Mostra – ad esempio – degli uomini per cui le emozioni sono importanti. E nonostante nella quotidianità siano presenti la rabbia, la frustrazione e la paura del futuro, l’emozione che sembra prevalere è la speranza seguita a pari merito dall’amore e dell’ansia. La coppia ha un ruolo importante per la maggioranza degli intervistati ed è il partner la persona con cui ci si confida. Inoltre il 75% degli uomini ritiene che siano le madri le figure piu importanti nella crescita. (Fonte: Il Corriere della Sera)

Per i dettagli l’articolo

Il (grande) salto: gli uomini oggi

La ricerca del Corriere della Sera

Foto pixabay

Scritto da: Letizia Mannino

Indicatori demografici Istat

I principali quotidiano oggi riportano la notizia del comunicato stampa dell’Istat con gli aggiornamenti degli indicatori demografici. Di seguito alcuni dati:

Si conferma la tendenza alla diminuzione della natalità; nel 2016 le nascite diminuiscono ulteriormente, 474 mila nati, rispetto al 2015 con 486mila.

L’età media delle donne al primo figlio è di 31,7 anni.

Si stima che al 1 gennaio 2017 la popolazione registri 86 mila unità in meno rispetto all’anno precedente.

Il saldo tra nascite e decessi nel 2016 registra un valore negativo, – 134 mila; che rappresenta dopo quello del 2015 (-162 mila) il peggior dato.

La vita media per gli uomini raggiunge 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014) mentre per le donne 85,1 anni (+0,5 rispetto al 2015 e +0,1 per il 2014 ).

Fonte immagine, Istat

Fonte, Indicatori demografici Istat
Testo integrale e nota metodologica (pdf)
Foto pixabay
Scritto da: Letizia Mannino

Il cellulare a scuola

Il tema dell’uso delle tecnologie da parte di giovani e giovanissimi è un tema sempre di attualità e dibattuto. Il quotidiano ‘La Repubblica’ pubblica un articolo dal titolo ‘Irrinunciabile smartphone. “Ma i divieti non servono” che affronta la questione dell’uso dei cellulari a scuola; infatti nonostante i regolamenti pochi ragazzi ci rinunciano.

Diversi paesi tra cui l’Italia, hanno cercato di arginare l’utilizzo del cellulare in classe ma pare con scarsi successi e critiche da parte dei genitori.

Il candidato alla presidenza francese  Emmanuel Macron avvrebbe annunciato di voler bandire l’uso dei telefonini fino all’età di 15 anni quindi fino all’ingresso al collège – divieto comunque già previsto dal Code de l’éducation.  A New York nel 2015 il divieto sarebbe stato tolto a causa delle pressioni dei genitori in ansia se non hanno la possibilità di contattare i figli anche a scuola.  In Italia, spiega l’articolo, era stato posto un veto ma di fatto con il ‘Piano nazionale per la scuola digitale’ è stata aperta la strada all’autorizzarne di deroghe.

In Italia, quindi, ogni scuola può scegliere se ammettere o meno telefonini e tablet all’interno del contesto scolastico;  e diversi insegnanti riportano esperienze positive legate all’introduzione dei dispositivi informatici per la didattica.

Purtroppo il problema nasce dalla difficoltà di porre dei limiti. Una studentessa citata nell’articolo  di ‘La Repubblica’ dichiara di non poter fare a meno di tenere sempre il cellulare con sè e di rispondere ai messaggi appena li riceve.

Ma seppure alcuni insegnanti vedono l’introduzione delle tecnologie nelle lezioni come un’opportunità, rimane aperto il problema degli effetti che queste possono avere sullo sviluppo delle capacità cognitive e sul rendimento scolastico a breve e lungo termine.

A questo proposito, sempre ‘La Repubblica’ riporta i dati di una ricerca condotta dalla London School of Economics nel 2015 che avrebbe rilevato che nelle scuole dove è vietato l’uso del celulare i ragazzi alla maturità ottengono voti del 6,4% più alti.

Ma oramai è sempre pià difficile per la scuola ricoprire un ruolo educativo, quindi porre regole e limitazioni, senza che i genitori si sentano autorizzati ad intervenire.

L’articolo citato riporta un episodio accaduto a Forli nel 2014 in occasione del quale un insegnante che aveva sequestrato il cellulare a un ragazzo che guardava foto porno il giorno dopo ha ricevuto una visita della madre del ragazzo accompagnata da un avvocato. Oppure, nel mesi di gennaio, a Trevisio uno studente 18enne ha denunciato la scuola per sequestro illegittimo e abuso di potere.

E sul tema di interventi più o meno ‘forti’ da parte delle famiglie in merito all’operato della scuola o degli educatori in genere si legge sempre più spesso sui giornali o si sentono racconti dai diretti interessati…

Bisognerebbe chiedersi perché si sta verificando sempre più di frequente questa sorta di delegittimazione del ruolo della scuola e degli insegnanti. I genitori non tollerano che i figli vengano rimproverati o criticati? I genitori si sentono giudicati nel loro ruolo genitoriale?  Gli insegnanti vengono considerati inadeguati? I docenti talvolta non utilizzano metodi non opportunamente rispettosi? Le Istituzioni scolastiche non riescono a supervisionare l’operato degli insegnanti? Ma si possono porre molti altri interrogativi sull’argomento…

Viene riportato anche il parere di alcuni esperti sul ruolo dei divieti dell’uso del cellulare. Pier Cesare Rivoltella, docente alla Cattolica di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento e Giorgio Tamburlini, pediatra e presidente del Centro per la Salute del Bambino di Trieste sostengono entrambi che i divieti non servono; ma mentre il primo ritiene che il cellulare debba diventare parte delle pratiche scolastiche quotidiane, il secondo sostiene che “Il telefonino sempre in mano rafforza la dipendenza fra figli e genitori. Ed è ormai evidente che ostacola lettura profonda e uso critico delle nozioni”.(Fonte La Repubblica)

 

Scritto da: Letizia Mannino

Se i genitori sono troppo severi

Uno studio condotto dagli psicologi  dell’Università di Pittsburgh e pubblicato su Child Development mette in evidenza come i figli di genitori che utilizzano minacce e coercizioni hanno un più alto rischio di interrompere gli studi.
Parla dell’indagine il quotidiano ‘La Repubblica’ nell’articolo “Se i genitori sono troppo severi il rischio è che il figlio abbandoni gli studi” . Gli autori dell’indagine hanno seguito per nove anni  più di 1400 adolescenti – maschi e femmine – con origini diverse sia dal punto di vista etnico, geografico e socioeconomico.  Il campione, a partire dai 12 anni e fino ai 21, è stato periodicamente sottoposto a interviste e questionari riguardanti sia lo stile educativo dei genitori che le relazioni con i coetanei; è stato preso in esame anche il comportamento nella sfera della sessualità e eventuali atteggiamenti di tipo violento, o anche delinquenziale.

I dati raccolti avrebbero indicato che i ragazzi con genitori molto severi finivano più di frequente  per essere svogliati a scuola e tendevano a privilegiare le attività con i coetanei. Per esempio, i giovani che in seconda media ricevevano un’educazione rigida, trascorsi due anni riferivano che la relazione con gli amici era la piu importante e veniva prima delle responsabilità, compresa quella di rispettare le regole familiari. Intorno ai 16-17 anni sempre gli stessi giovani erano più rischio di attività sessuale precoce (le ragazze), di essere coinvolti in risse o di compiere piccoli furti (i ragazzi prevalentemente). Emerge come i giovani che vivono un clima troppo severo in famiglia evitano più di frequente di fare i compiti e sono maggiormente disponibili d ainfrangere le regole pur di mantenere il rapporto con gli amici.

L’osservazione a 21 anni mostra come sempre questi stessi ragazzi abbiano più probabilità di avere abbandonato il liceo o il college rispetto a coetanei con ambienti familiari meno severi.

Rochelle F. Hentges – del dipartimento di psicologia di Pittsburgh e autore dello studio – spiega come i giovani che non hanno stabilito una relazione di attaccamento soddisfacente con i genitori più facilmente cercheranno le conferme e gli apprezzamenti – che non hano avuto in famiglia – dai coetanei.
In linea con i risultatii della ricerca Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma, spiega:  «Questo studio longitudinale conferma su un campione vasto quello che constatiamo a livello individuale e clinico.  L’educazione autoritaria, diversamente da quella autorevole, evita il rapporto di fiducia, non chiede nemmeno spiegazioni, e punisce l’errore. Ma l’errore fa progredire, non inchioda a un giudizio.  L’aggressività umilia chi la subisce, che a seconda del temperamento o finisce per ribellarsi e rifiutare le regole, o per perdere l’autostima. È chiaro che il successo scolastico ne risente, in entrambi i casi». (Fonte, La Repubblica)

Anna Oliverio Ferraris chiarisce perchè, ai giorni nostri, un’educazione severa può creare i problemi citati quando in passato uno stile educativo più rigoroso era abituale:

«In passato quando era frequente una genitorialità più autoritaria, ci si rivolgeva ad altri adulti, in caso di incomprensioni familiari: erano parenti, zii, genitori di amici Queste figure oggi non si hanno più a disposizione, sono meno raggiungibili. È  chiaro allora che i coetanei possono assumere un valore maggiore. Il che può andare molto bene. Ma anche male, specialmente in contesti urbani particolarmente complessi».  (Fonte, La Repubblica)

Il riferimento alla relazione di attaccamento aiuta a comprendere l’apparente paradosso decritto dallo studio, cioe che un’ educazione rigorosa ed esigente invece di rendere i ragazzi più obbedienti e disciplinati  in realtà può portarli per reazione a trasgredire le regole genitoriali ed a far prevalere il bisogno relazionale con gli amici.

Quindi l’aspetto centrale sembra essere rappresentato da come il rapporto che si stabilisce fra genitori e figli permette lo sviluppo di un armonica relazione di attaccamento, dove le regole genitoriali possono essere inserite all’interno di un legame sentito come amorevole e supportante. In questa ottica si comprende perché anche una educazione troppo indulgente può costituire un problema; infatti anche in questo caso i ragazzi possono avere difficoltà a sentire le figure  dei genitori come figure adeguatamente rassicuranti e ‘protettive’.

Foto tratta da ‘Un medico in famiglia’
Scritto da: Letizia Mannino

Safer Internet Day 2017, conoscere i pericoli della rete

Il 7 febbraio in contemporanea in 100 Nazioni di tutto il mondo si svolge la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione Europea e giunta alla sua XIV edizione.

 “Be the c è fhange: unite for a better internet è lo slogan del Safer Internet Day 2017 il cui  obiettivo è far riflettere e confrontare ragazze e ragazzi sull’uso consapevole della rete e sul ruolo attivo e corretto che ciascuno deve svolgere per rendere internet sicuro.

In Italia l’evento si terrà a Roma, presso gli spazi espositivi dell’ex Caserma Guido Reni (in Via Guido Reni), a partire dalle ore 9.30.

In contemporanea con il Safer Internet Day il Ministero della dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Piano nazionale contro il bullismo lancia la prima Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo a scuola dal titolo “Un Nodo Blu – le scuole unite contro il bullismo”.

In occasione della Giornata verrano presentate le migliori proposte didattiche in tema di prevenzione e contrasto del bullismo.

Tutte le iniziative del Safer Internet Day 2017 si svolgeranno con il sostegno di Generazioni Connesse, il Safer Internet Centre Italiano, cofinanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal MIUR, in partenariato con la Polizia Postale e delle Comunicazioni, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Roma “Sapienza”, Save the Children Italia Onlus, SOS Il Telefono Azzurro Onlus, Cooperativa E.D.I., Movimento Difesa del Cittadino, Skuola.net e Agenzia di stampa Dire.

Giovani tra i 14 e i 18 anni son stati oggetto di un’indagine sull’hate speech condotta da Generazioni Connesse, da Skuola.net e dall’Università degli Studi di Firenze.

Il 40 % degli intervistati dichiara di trascorrere on line più di 5 ore al giorno. Tra i social Whatsapp primeggia con 80,7% di utilizzatori fra gli adolescenti, segue Facebook con  il 76,8% e Instagram (62,1%). Il 14% degli intervistati dichiara di non controllare mai la veridicità di una notizia. L’11% dei ragazzi coinvolti nel sondaggio dichiara di approvare insulti rivolti a personaggi famosi in nome della “libertà di esprimere ciò che si pensa”. Discorso analogo per i commenti rivolti ai coetanei; atteggiamenti che confermerebbero un effetto di disinibizione dello “schermo” nel facilitare comportamenti che probabilmente non verrebbero messi in atto con le stesse modalità se si fosse di fronte all’altra persona.

Tra le iniziative promosse i #SuperErrori del Web, i cartoon protagonisti della campagna nazionale di Generazioni Connesse che raggiungono ogni giorno migliaia di utenti sul web. Inoltre fra i servizi gratuiti offerti da Generazioni Connesse anche la Linea di ascolto 1.96.96, Child Helpline (anche via chat) attiva 24/7, gestita da Il Telefono Azzurro e le due linee per segnalare materiale illegale in rete (http://www.azzurro.it/it/clicca-e-segnala di SOS Il Telefono Azzurro Onlus e www.stop-it.it di Save the Children Italia Onlus).

Alla giornata parteciperanno attivamente anche le studentesse e gli studenti che fanno parte dello Youth Panel un gruppo di consultazione creato da ‘ Generazioni Connesse’ per promuovere la partecipazione attiva dei giovani.

Inoltre all’iniziativa prenderanno parte i rappresentanti dei più noti social network, aziende di comunicazione mobile ed Enti pubblici.

Per approfondire:

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Generazioni Connesse

Vademecum, Guida operativa per conoscere e orientarsi nella gestione di alcune problematiche connesse all’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei più giovani (pdf)

Foto pixabay
Scritto da: Letizia Mannino