Tutti gli articoli di Letizia Mannino

Il rispetto per l’altro nasce in famiglia

In occasione della “Giornata mondiale delle bambine” celebrata l’11 ottobre in tutto il mondo Monsignor Savio Dominic Fernandes, vescovo asusiliare di Bombay ha dichiarato all’agenzia AsiaNews:” Per fermare la violenza contro le donne e inculcare i valori del rispetto, dignità, onestà e moralità nei confronti di tutti gli esseri umani bisogna ripartire dalla famiglia, che è la base fondamentale della società”.

”Nonostante i numerosi dibattiti, manifestazioni e dimostrazioni di rabbia e solidarietà – spiega il vescovo ausiliare – continuiamo a registrare episodi di violenza. Non bisogna solo condannare, ma avviare strategie a lungo termine per portare un vero cambiamento”.

Il vescovo spiega come la Chiesa Cattolica in India è impegnata in prima linea per sensibilizzare la società e la comunità sul tema dell’uguaglianza di genere. Sono stati lanciati programmi e attività nella scuola e nelle parrocchie e nelle omelie; inoltre sottolinea l’importanza di insegnare alle persone che tutti gli esseri umani devono essere trattati con dignità e giustizia e che per fare questo è necessario ripartire dalla famiglia e prosegue: ”Quanto accade dentro le mura di casa si riflette su larga scala nella società. Se entrambi i genitori insegnano ai propri figli il valore della dignità e dell’uguaglianza, a loro volta li trasmetteranno nella comunità. I genitori devono essere i primi strumenti di cambiamento”.

Sulla necessità di promuovere l’educazione per prevenire la violenza si è espresso anche il vescovo di Vasai, Monsignor Felix Anthony Machado. ‘Il presule ha spiegato che la famiglia indiana è influenzata dalla globalizzazione e i ragazzi non hanno una educazione ai valori e all’etica. Il mondo  ‘è diventato troppo orientato al consumismo e al relativismo morale’”.

Fonte: “L’Osservatore Romano” del 18 ottobre 2013

Ancora una volta viene giustamente posta l’attenzione su quanto non basti condannare la violenza ma va prevenuta. In quest’ottica la famiglia assume un ruolo centrale perchè è all’interno della famiglia che si dovrebbero apprendere le basi del rispetto; non solo tramite gli insegnamenti dell’educazione ma attraverso l’esempio che dovrebbero trasmettere genitori e familiari. Invece con una certa frequenza la violenza (psicologica e fisica) viene espressa proprio da familiari.

Scritto da: Letizia Mannino

Troppe bambine, nel mondo, ancora senza scuola

In occasione della “Giornata mondiale delle bambine” (11 ottobre) istituita dall’Onu e quet’anno dedicata al tema “Innovare per l’educazione delle bambine”, l’Unicef ha presentato alcuni dati riguardanti l’opportunità, ad oggi, di frequentare la scuola per le bambine e adolescenti nel mondo. Infatti, secondo l’Unicef,  nonostante il numero delle bambine che non ha una istruzione sia diminuito, ancora a troppe ragazze, in tutto il mondo, vedono negata un’istruzione di qualità e la possibilità di sviluppare il proprio potenziale.

Alcuni dati sull’istruzione al femminile e sue implicazioni:

►  L’aumento di un punto percentuale nell’istruzione femminile alza la media del livello del PIL di 0,3 punti percentuali e fa aumentare in media il tasso di crescita annuale del PIL dello 0,2%.

►  Le ragazze rappresentano il 55% dei 28,5 milioni di bambini in età da scuola primaria che non frequentano la scuola e che vivono in paesi colpiti da conflitti. Durante i conflitti armati, le ragazze sono le vittime colpite più duramente: spesso subiscono stupri o altre violenze sessuali che avvengono durante i conflitti armati.

►  Nel 2010, solo il 59% delle ragazze provenienti da famiglie a basso reddito, e iscritte alla scuola primaria, hanno completato il ciclo di studi, rispetto alla media mondiale del 76%.

►  Un bambino nato da una mamma che sa leggere ha il 50% di possibilità in più di sopravvivere oltre i 5 anni; ogni anno in più di istruzione della madre riduce le probabilità di mortalità infantile dal 5 al 10%.

►  L’istruzione delle bambine è una delle strategie più efficaci per prevenire i matrimoni precoci, soprattutto se gli studi continuano fino alla scuola secondaria. Quando una ragazza frequenta la scuola secondaria ha 6 volte meno probabilità di sposarsi prematuramente.

Fonte: http://www.unicef.it/doc/5030/giornata-internazionale-delle-bambine-2013.htm

 

Scritto da: Letizia Mannino

In difesa delle bambine nel mondo

In occasione della ricorrenza della “Giornata mondiale delle bambine” (11 ottobre) istituita dall’ONU è stato presentato a Roma il dossier “La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo 2013” curato da Terres des hommes, e realizzato all’interno della campagna Indifesa.

 Nel suo intervento durante la conferenza per la presentazione del rapporto il viceministro al lavoro e alle politiche sociali con delega alle pari opportunità Maria Cecilia Guerra ha toccato temi strettamente legati alla violenza come gli sterotipi di genere, “radicati non solo nella cultura e nella società, ma anche nell’economia”, e la povertà, “un fenomeno che coinvolge soprattutto le famiglie con minori e non comporta solo disagi economici”.  Inoltre il viceministro ha ribadito che: ”occorre prevenire la violenza, non solo combatterla”.

http://www.minori.it/minori/violenza-di-genere-dossier-indifesa

Alcuni dati emersi dal’indagine:

-Malnutrizione e mortalità.  Nel mondo 16 milioni di bambine e adolescenti diventano madri prima che il loro corpo sia pronto per la maternità.

-In India tra il 2001 e il 2011 il decremento delle bambine nella fascoa 0-6 anni nelle zone rurali è stato tre volte maggiore di quello nelle città.  Secondo l’Associazione che ha curato l’indagine questo dato proverebbe che il ricorso all’infanticidio e l’aborto selettivo non sono affatto caduti in disuso.

-Educazione. 68 paesi nel mondo non hanno ancora raggiunto la parità di genere nell’educazione elementare. Dei 775 milioni di adulti analfaberi, 2/3 sono donne.

-Bambine al lavoro. Oltre 11 milioni di bambine lavorano come domestiche e tra loro 7,5 milioni sono costrette a lavorare in casa di estranei come schiave domestiche, sottoposte quindi ad abusi psicologici e fisici.

-Femminicidio. In Italia oltre ai casi di minorenni uccise dai “fidanzati” vanno ricordate le ragazze e bambine uccise dai padri o persone della famiglia. Dal 2000 al 2012 le minorenni vittime sono state 140, di cui 114 vittime dei propri parenti.

-Reati contro le bambine. Secondo i dati forniti dalle Forze dell’Ordine i reati a danno dei minori sono in aumento e la percentuale maggiore riguarda il sesso femminile. Inoltre è preocccupante l’aumento dei reati di atti sessuali con minorenni. Il numero delle vittime è cresciuto del 204% rispetto all’anno precedente di cui il 78% sono bambine e adolescenti. Un aumento drammatico riguarda la pornografia +370%, a danno di 108 minori di cui il 69% femmine.

Fonte: http://www.indifesa.org/

Purtroppo ancora una volta indagini che parlano di violenza, mancanza di cure; in questo caso prevalentemente a danno di bambine e adolescenti. Anche da questi dati emerge che la violenza e trascuratezza spesso avviene in famiglia o comunque la famiglia non riesce a svolgere una funzione di protezione del  minore. Condivisibili le parole del viceministro… la violenza va prevenuta

Scritto da: Letizia Mannino

La famiglia: un’ancora di salvezza

“In ogni momento di crisi, economica e istituzionale, la famiglia si è rivelata l’ammortizzatore segreto ed efficace”, si è espresso in questo modo il sociologo Franco Ferrarotti in un intervista pubblicata su “Avvenire” del 24/09/2013 che parte dalle dichiarazioni del cardinale Bagnasco circa il ruolo della famiglia come cuore e motore del Paese. Commentando il pensiero di Bagnasco secondo il quale si guarda alla famiglia come soggetto che consuma mentre invece è un soggetto che produce Ferrarotti aggiunge: ”L’antica famiglia allargata consumava ciò che produceva; la famiglia nucleare non più, e diventa quindi il facile bersaglio delle campagne pubblicitarie che spingono verso i consumi. Che fare? Ad esempio, dovremmo rivalutare la figura di chi rimane in casa: allevare i figli è l’impresa in assoluto più ardua. Invece oggi è spesso affidata ai media che non accettano alcuna responsabilità etica. Troppi figli si riducono a francobolli appiccicati agli schermi, dove tutto è mescolato, un po’ di Papa e una valanga di crudeltà assortite… La difesa della famiglia dovrebbe presupporre una critica radicale ai contenuti dei media elettronici. Troppi miei colleghi sembrano interessarsi solo alla tecnologia dei mezzi, trascurando i contenuti, in grandissima parte pedagogogicamente devastanti”.

Sul pensiero di Bagnasco circa un eccesso di individualismo ripiegato su se stesso, mentre la famiglia è per la ‘cultura dell’incontro’, Ferrarotti osserva: “ Abbiamo dinanzi a noi un compito enorme. Elaborare e costruire una ‘nuova individualità’, non egolatrica né egocentrica, ma socialmente orientata verso una identità personale che si riconosce e arrichisce con l’incontro e con l’alterità”.

Fonte: Avvenire del 24/09/2013

Lo stralcio di intervista al sociologo Ferrarotti contiene alcuni spunti interessanti. Viene evidenziato come la famiglia possa diventare facile bersaglio delle campagne pubblicitarie; occorre quindi prestare attenzione al rischio che i bisogni, in particolare dei più piccoli, vengano indotti dalla pubblicità in modo diretto o indiretto (perché, per esempio, si crea una moda). Questo non significa chiusura alle novità ma svolgere una funzione di filtro, una attenta valutazione; risulta interessante anche il richiamo specifico ai media e alla necessità di porre attenzione ai loro contenuti e caratteristiche (spesso non educativi) e non solo agli aspetti tecnologici.

Scritto da: Letizia Mannino

“Adolescenti e socialità”: l’amico del cuore sembra scomparso

Dall’indagine “Adolescenti e socialità” realizzata dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza e dal Laboratorio Adolescenza nell’anno scolastico 2012-2013 su un campione di 2000 ragazzi della terza media (età 12-14 anni) emerge che l’85% degli adolescenti intervistati ritiene di avere molti amici, mentre solo l’11,8% dei maschi e il 13,6% delle femmine dichiarano di averne pochi

Il 50% si riunisce con gli amici in piccoli gruppi, il 40%  dichiara di frequentare un gruppo numeroso e solo il 9% preferisce vedersi con un solo amico per volta.

Al 52% accade (qualche volta o spesso) di adeguare, anche malvolentieri, i propri comportamenti e scelte alle decisioni del gruppo. Al 32% succede di provare disagio quando è con gli amici e il 52% fa confronti con gli amici riguardo l’aspetto fisico.

Il Presidente della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza ha osservato che: “L’adolescente più che in passato soffre il confronto e fatica ad assumersi la responsabilità delle sue scelte. Ragion per cui delega volentieri questa responsabilità al gruppo (nel quale si sente protetto) anche se ciò avviene spesso a caro prezzo in termini di autonomia. A questo si aggiunge la paura di poter essere estromesso dal gruppo e quindi una acquiescenza pericolosa nei confronti dei leader”.

Mettere in atto comportamenti per assecondare la volontà del gruppo però espone a dei rischi. Il 49% dei ragazzi intervistati riconosce di compiere azioni che considera pericolose e che nella maggioranza dei casi (55%) si rende conto solo a posteriori del rischio corso, mentre il 23,5% lo fa per il piacere che ne deriva e il 5% per avere maggiore considerazione all’interno del gruppo.

Tra le azioni, nell’area della socialità, che i ragazzi  mettono in atto pur considerandole loro stessi  rischiose si trova: il 45% ha fatto a botte (1 o più volte), il 49% ha provocato qualcuno, il 35% non ha pagato il biglietto sui mezzi pubblici, il 20% ha fatto graffiti sui muri e il 19,8% ha rubato qualcosa in un negozio.

Il Presidente delle Società Italiana di Pediatria osserva che: “La propensione al rischio è da un certo punto di vista insita nei comportamenti di un adolescente e di per sé non ci meraviglia. Ciò che preoccupa, invece, è da un lato l’anticipazione dei fenomeni, dall’altro che oggi gli adolescenti hanno a loro disposizione strumenti potentissimi (penso in particolare a tutta l’area degli strumenti di comunicazione) che possono, se non gestiti correttamente, aprire nuovi scenari di rischio. Uno di questi è certamente il cyber bullismo, fenomeno al quale la Società Italiana di Pediatria sta dedicando grande attenzione e sul quale ha avviato una approfondita indagine”.

A proposito del modo in cui i giovanissimi utilizzano i social network il 59% ha dichiarato di aver dato l’amicizia a facebook a uno sconosciuto, il 22% di avergli detto la scuola che frequenta, il 29% di aver scambiato il numero di telefono e il 18% (il 22% le femmine) di avergli inviato una propria foto

Un altro dato importante è la crescente diffusione dello smartphone che comporta come conseguenza che il controllo da parte dei genitori sulle abitudini nell’uso delle connessioni diventa sempre più problematico; infatti è possibile connettersi sempre e ovunque.

Secondo l’indagine “Cartina al tornasole di come l’abitudine all’uso di Internet, ed in particolare dei social network, comporti una tendenza ad essere sempre meno prudenti ce la da la risposta che gli adolescenti, nel corso degli ultimi anni, hanno dato alla domanda “Hai mai inviato o pubblicato in Internet una tua foto “provocante”?. Nel 2009 ha risposto “si” il 7,7% del campione; nel 2011 l’11,2%; e nel 2013 il 16,8% (18,7% delle femmine)”.

Fonte: http://www.laboratorioadolescenza.it/res/site144680/res805234_CS-Adolescenti-e-Socialit-x-sito.pdf

Non è più valido il detto chi trova un amico trova un tesoro o sta cambiando il modo di intendere l’amicizia?  Probabilmente i fattori in gioco sono diversi ma è importante considerare anche la percentuale di giovanissimi che avverte una qualche forma di disagio nel relazionarsi con gli altri nel gruppo che considera di amici.

Scritto da: Letizia Mannino

Genitori in difficoltà…

Scritto da: Letizia Mannino

Le famiglie cosa ne pensano?

I quotidiani nei giorni scorsi hanno riportato la notizia di una mega rissa che si è verificata a Bologna, organizzata tramite i social network, più precisamente ASK, e che ha coinvolto 250 ragazzi.

Il Messaggero (15.09.2013) scrive: “Prima di tornare a scuola i giovanissimi bolognesi si sono lanciati via web l’appuntamento per una surreale resa dei conti di fine estate. L’escalation di insulti e provocazioni che andava avanti da giorni sul social network Ask (sotto accusa nel Nord Europa come regno del cyberbullismo) è sfociata in una maxi rissa tra circa 250 ragazzi tra i 14 e i 18 anni ai Giardini Margherita, parco pubblico a ridosso del centro storico e dei colli”.

“A fare da innesco in questo mix tra virtuale e reale”, si legge sul Corriere della Sera (15.09.2013), “sarebbe stata, ma gli inquirenti sono cauti (°E’ una lettura che va approfondita” ha precisato il Capo della Procura dei minori, Ugo Pastore) una sorta di “guerra del censo” tra ragazzi benestanti e ragazzi meno fortunati. I ‘Bolobene’ contro i ‘ ‘Bolofeccia’, li chiamano così ed esistono da sempre. Due universi adolescenziali divisi dallo stipendio e dal ruolo sociale dei genitori, dai quartieri in cui vivono e soprattutto dal tipo di scuola: i primi in gran parte liceali del centro, i secondi iscritti in istituti tecnici della periferia”.

L’evento ha lasciato senza parole Bologna dove la Procura minorile nei prossimi giorni ascolterà tutte le persone coinvolte. La Stampa (16.09.2013) riporta le parole del procuratore Ugo Pastore: “Per noi l’aspetto più importante è capire se alle spalle dei ragazzi ci sono famiglie idonee oppure ci sono carenze, latitanze educative. Insomma bisognerà capire come si è arrivati a questo punto”.

Riguardo i motivi che avrebbero scatenato la rissa si potrebbe dire che la dinamica stessa di questo evento dimostrerebbe che non ci sono differenze tra chi frequenta un liceo piuttosto che un altro, tra chi  ha un genitore con un certo ruolo sociale piuttosto che un altro ecc:  hanno tutti partecipato allo scontro …

Giustamente la Procura cerca di indagare come si possa arrivare a questo punto perché la questione centrale consiste nel comprendere l’origine di questi fenomeni. Inevitabilmente questo porta a porsi degli interrogativi anche sul ruolo della famiglia.

Scritto da: Letizia Mannino

Perché i maltrattamenti sui minori?

Gli adulti dovrebbero avere un atteggiamento protettivo verso i minori e sostenerli nella crescita.

Da quanto emerge dall’indagine condotta da Terre des Hommes e CISMAI in una certa percentuale di casi non è così visto che viene stimato che in Italia sarebbero quasi 100.000 i minori vittime di un maltrattamento.

L’indagine è stata condotta su dati del 2011 e ha coinvolto i servizi sociali di 31 comuni italiani ai quali è stato chiesto, attraverso un quesionario, di segnalare le diverse forme di violenza verso minori sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo.

Dal campione analizzato è emerso che 1 minore su 6 fra quelli assistiti dai servizi sociali e 1 minore su 100 fra la popolazione minorile residente risultano vittime di una qualche forma di maltrattamento (trascuratezza materiale e/o affettiva, maltrattameno fisico, violenza assistita, maltratamento psicologico, abuso sessuale, patologie delle cure).

Dossier ‘Maltrattamento sui bambini: quante le vittime in Italia?’ http://www.terredeshommes.it/dnload/dossier-bambini-maltrattati-tdh-cismai.pdf

Questi dati unitamente alle notizie che ogni giorno occupano la cronaca dei giornali dovrebbero far riflettere attentamente sul fenomeno violenza e sulle componenti che vi sono coinvolte, tanto più quando questa si attua in famiglia che dovrebbe essere il luogo provilegiato degli affetti e della fiducia emotiva.

Scritto da: Letizia Mannino

Amore per sempre

Michela Marzano, filosofa, prende spunto da alcune dichiarazioni della Bellucci in merito alla sua separazione dal marito per parlare della relazione d’amore.

In particolare si sofferma sul significato di “per sempre” dove si nasconderebbe il segreto dell’amore. Infatti, come sostiene anche in un suo libro non è vero che l’amore finisce perché quando si ama, si ama per sempre.

“Quando l’amore c’è, è arrivato, ci si è appiccicato addosso e ci ha trasformato, non si può poi fare finta di niente e andare avanti come se non fosse accaduto nulla. Anche se la storia si interrompe, lui se ne va, lei ci tradisce. L’amore non è solo un capriccio passeggero. L’amore non è solo una grande passione, anche se la passione è necessaria almeno all’inizio”.

In un altro passaggio Michela Marzano prosegue …”L’amore, a differenza delle “relazioni con il tagliando” di cui parla Bauman denunciando l’usa-e-getta che caratterizzerebbe oggi i rapporti di coppia, è fatto di abbandono all’altro e di fiducia reciproca: nasce quando si accetta di lasciarsi andare, scommettendo che l’altro non approffitterà delle nostre debolezze e delle nostre fragilità; si nutre della quotidianità e delle abitudini, quando si capisce che l’altra persona ci accetta così come siamo, resiste alle difficoltà della vita e dura anche quando, per un motivo o per un altro, ci si allontana.”Fonte:http://d.repubblica.it/dmemory/2013/09/14/attualita/michelamarzano/080attualitaart6980080.html

L’articolo di Michela Marzano offre degli spunti di riflessione sui diversi ingredienti che dovrebbero caratterizzare una relazione d’amore perché risulti profonda e duratura. L’amore può anche finire ma quando il rapporto è basato sulla fiducia e sulla stima, ingredienti fondamentali, più facilmente rimane un legame seppure trasformato e modificato.

Scritto da: Letizia Mannino

Il ruolo della famiglia oltre gli affetti

L’economista Stefano Zamagni, ordinario di economia all’Università di Bologna e presidente del Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, in occasione del seminario “Lavoro e famiglia” (Senigallia 5-7 settembre) si è espresso ancora una volta sul ruolo della famiglia nella economia: ”il nostro welfare sta progressivamente trasformandosi da individuale a comunitario. E quando questo processo sarà compiuto, lo stato sociale versione Duemila non potrà fare a meno della famiglia, anche perché è difficile pensare ad una seria tenuta sociale senza questa forza”. Secondo Zamagni per una diversa politica della famiglia è necessario smettere di considerarla solo come il luogo degli affetti; infatti “E’ anche il luogo in cui si produce qualcosa che supera il mercato e che genera capitale umano, sociale e relazionale”.  La famiglia genera beni che il mercato non può produrre ma di cui beneficia e che sono quantificabili in termini di prodotto interno lordo nell’ordine del 25% del Pil nazionale.

fonte: Avvenire 08/09/2013

http://istitutodeglinnocenti.waypress.eu/RassegnaStampa/LeggiArticolo.aspx?codice=SIJ1225.TIF&subcod=20130909&numPag=1&tipo=GIF

In un’altra intervista Zamagni a una domanda sulla necessità di riconoscere alla famiglia una soggettività economica oltre che sociale e quindi sull’importanza di questa per lo sviluppo della società,  ha risposto:

“Infatti è così. Nei secoli passati la famiglia aveva una potente giustificazione sociale in quanto soggetto produttivo di beni materiali, oltre che di beni immateriali. Oggi che la produzione di beni materiali e anche di molti servizi immateriali viene esternalizzata, la famiglia mantiene comunque un proprium che il mercato non può produrre, ma di cui esso ha bisogno se vuole funzionare. Sono la cooperazione, la reciprocità, la fiducia nelle relazioni, il dono come gratuità, alcune delle virtù personali e sociali che si apprendono in famiglia che dovrebbero essere prese come indicatori di benessere, non unicamente il Prodotto interno lordo. La famiglia produce beni relazionali essenziali per la qualità della vita di un individuo in primis e quindi di una società e le politiche pubbliche dovrebbero tenerne conto.”

fonte: http://www.resegoneonline.it/articoli/Stefano-Zamagni-Non-c-futuro-senza-famiglia-/

Il discorso di Zamagni è importante perchè mette in evidenza il ruolo centrale della famiglia nella formazione dell’individuo; patrimonio sociale di cui beneficiano non solo le persone vicine (parenti, amici, ecc) ma tutta la società. In quest’ottica risulta fondamentale che la famiglia riesca, anche aiutata dalle politiche del Paese, a non disattendere a questa sua funzione.

Scritto da: Letizia Mannino