Tutti gli articoli di Letizia Mannino

Adolescenti in vendita

Da qualche settimana si parla molto della prostituzione minorile. Il fenomeno sembra avere diverse facce: più frequentemente avviene per costrizione ma talvolta viene, almeno apparentemente, accettato o scelto.

I quotidiani in questi giorni riportano l’andamento delle indagini per quanto accaduto a Roma e cercano di tracciare e definire le dimensioni di questo fenomeno che sembra piuttosto esteso. Tra i vari articoli anche le opinioni di esperti che cercano di capire e analizzare i fenomeni connessi alla  prostituzione minorile.

La Repubblica del 29 ottobre u.s. riporta un’intervista al procuratore aggiunto di Milano, coordinatore del pool sui minori. Il procuratore racconta che nel 2006, mentre stava ancora a Torino, lanciò l’allarme sul tema perche avevano scoperto il caso di una ragazzina che si prostituiva online per avere la ricarica del cellulare.  Di seguito un breve stralcio dell’intervista che tocca alcuni punti:

D.  Procuratore, era il 2006, appunto. Sono passati sette anni. I casi di questo tipo sono in aumento?

Direi proprio di sì basandomi sulla mia esperienza’

D. Quanto spesso accade che i contatti rimangano solo telematici?

Spesso ci sono seguiti reali. Ci si conosce su internet e poi ci si dà appuntamento

D. I minori che finiscono in situazioni di questo tipo sono consapevoli o no? Lo fanno per gioco, per bisogno, per necessità?

C’è chi, come nel caso di Torino lo fa quasi per scherzo e finisce in una cosa enorme. C’è chi lo fa in maniera consapevole, chi per ribellarsi’

Fonte: La Repubblica del 29.10.2013

Il quotidiano “Il Tempo” in un articolo dal titolo “Prostitute-bambine nella Roma bene” riporta le parole della prof.ssa Anna Oliverio Ferraris professore ordinario dell’Università ‘La Sapienza’ e direttore della rivista ‘Psicologia Contemporanea’

Sono frequenti le storie di giovani che per la cocaina arrivano a prostituirsi ma in questo caso c’è un fattore più importante: la prostituzione viene presentata come un lavoro come gli altri e in questo modo, per gli adolescenti, non è più tabù. Questi ragazzi sono vittime, corrotti dall’ipersessualizzazione dei media, di internet, dei film, degli spot. Se dai genitori non viene offerta una scala di valori diventano possibili anche storie incredibili come questa, dove da una parte c’è la famiglia ‘bene’ in conflitto con la figlia, dall’altra una mamma che approva e intasca i soldi. Bisogna recuperare la famiglia prima dei giovani, perché il problema degli adolescenti sono sempre gli adulti.

Fonte: Il Tempo del 29.10.2013

L’articolo “Noi non eravamo così, perciò non li capiamo” pubblicato sul “Corriere della Sera” del 10 novembre riporta il parere di Pietropolli Charmet in relazione agli ultimi eventi di prostituzione di giovanissime

”Bisogna partire da una premessa. La sessualità degli adolescenti è uscita dall’etica. Nessun genitore pensa che la verginità dei propri figli sia un valore da tutelare. Semmai si augurano che il loro incontro con la sessualità avvenga serenamente e senza senso di colpa, in ambiente protetto, persino in casa per senso di protezione. Però un adolescente di oggi non abbina necessariamente la sessualità alla costruzione di una relazione, di un amore, o allo stesso piacere”…”può essere anche un semplice ‘collaudo’ di se stessi e della corporeità…”

Fonte: Corriere delle Sera del 10.11.2013

Del sociologo Mauro Magatti un articolo dal titolo “Il segno del fallimento di due generazioni” pubblicato sul Corriere della Sera del 12.11.2013 dove si legge:

Due mezzi di scambio terribilmente moderni e potenti – il denaro e internet – in grado di mettere in rapporto perfetti sconosciuti; adulti maschi alla ricerca di emozioni forti – come il sesso con adolescenti – per combattere la tendenza anestetica del nostro tempo; dove essendo tutto permesso, non si riesce a sentire più niente e si è costretti ad alzare l’asticella della trasgressione; ragazze disposte a seguire, senza troppe domande il gatto e la volpe che incontrano nel mondo digitale e che promettono loro di aprire la strada ad una fantomatica città dei balocchi – dove basta avere qualche soldo in mano e farsi vedere disinibiti per sentirsi grandi.”

Fonte: Corriere della Sera del 12.11.2013

Le famiglie, gli adolescenti, i clienti, gli sfruttatori, internet… di volta in volta si tende a attribuire la maggiore responsabilità a una componente piuttosto che all’altra. Il fenomeno va visto nella sua globalità, cioè come si combinano insieme tutti questi ingredienti. Il procuratore di Milano mette in evidenza come si possa arrivare ad episodi spiacevoli con motivazioni diverse; laddove c’è l’ingenuità, ad esempio,  può essere utile l’informazione su i rischi di internet ecc., ma negli altri casi probabilmente non è sufficiente. Si tratta quindi di individuare i diversi modi per prevenire tali situazioni. In questo senso è importante il discorso della Oliverio Ferraris sull’importanza della scala di valori e quanto dice Charmet che per gli adolescenti la sessualità può essere anche un semplice collaudo.

Scritto da: Letizia Mannino

Educazione finanziaria in famiglia

Fonte: ‘La Stampa’ 11 novembre 2013

Nell’articolo dal titolo ‘Finanza, l’analfabetismo regna nel pubblico e fra i politici’ di Mario Deaglio e pubblicato su ‘La Stampa’ del 11 novembre 2013 si legge:

Non moltissimo tempo fa, c’era un’usanza presa molto seriamente dalle famiglie italiane: quando i nipotini compivano sette anni – e quindi sapevano leggere e scrivere – era tradizione che i nonni regalassero con solennità un libretto di risparmio postale con sopra depositata una modesta cifra. Accompagnavano il regalo un con breve ma solenne discorso sull’importanza del mettere da parte, sul frutto che può derivare dal denaro depositato. La prima istruzione finanziaria avveniva così in famiglia, dove spesso era improntata a un senso di cautela, alla necessità di non fare il passo più lungo della gamba, all’esigenza di far debiti solo per grandi obiettivi e in condizioni di sicurezza.

“Oggi siamo alla situazione opposta. Ai bambini si comincia a dare la “paghetta” perché la spendano.”

Deaglio spiega che il debito ha preso il posto del risparmio, trainando un espansione nei consumi durata circa trent’anni:

Dietro gli acquisti a rate, alla maggiore precarietà dei redditi c’è spesso anche una assenza di nozioni finanziarie di base. Tanto per fare un esempio quanti di coloro che acquistano a rate sanno che Taeg significa Tasso Annuo Effettivo Globale e che questo taeg è il vero costo del finanziamento che ricevono?”

L’articolo mette in evidenza come stiamo assistendo quindi a un ampliarsi della dimensione finanziaria senza che questa venga accompagnata da una adeguata conoscenza dell’Abc della finanza:

Un tempo, per essere cittadini responsabili occorreva leggere, scrivere e fare di conto; a questa lista oggi va aggiunto saper leggere i conti.”

Ma, dice Deaglio, ‘in una società in cui il mercato è importante, alfabetizzazione finanziaria fa rima con democrazia’.

L’articolo mostra anche alcuni dati tratti da un sondaggio condotto in circa dodici Paesi sulle conoscenze necessarie per una finanza famigliare. La tabella che viene riportata fa riferimento alla percentuale di risposte corrette a domande circa il tasso di interesse, l’inflazione e la diversificazione del rischio.

Fonte: “La Stampa” del 11 novembre 2013

Scritto da: Letizia Mannino

Sicurezza… insicura…

Fonte: Settimana enigmistica del 9 novembre 2013

Scritto da: Letizia Mannino

L’obesità si vince a tavola

Un’analisi condotta su 190 genitori e 148 bambini, pubblicato su Obesity,  ha evidenziato che mangiare seduti a tavola in cucina o in sala da pranzo parlando della propria giornata, dei propri stati d’animo e di progetti per il futuro piuttosto che da soli sul divano, davanti alla tv o in camera propria, si associa a un indice di massa corporea più basso. Quindi non è importante solo cosa e quanto si mangia ma anche come, con chi e quando.

Della ricerca parla un articolo pubblicato sul quotidiano “La Repubblica” dove si legge

“Che l’equilibrio con il cibo si raggiunge attraverso un equilibrio con se stessi e i familiari è in fondo il vero messaggio dello studio, che ha il pregio di spostare l’attenzione dalla dieta come mero calcolo delle calorie”

Gli autori della ricerca Brian Wansink della Comell Universitynegli Usa ed Ellen Van Kleef, della Wageningen University in Olanda sostengono che la tavola da pranzo è molto più del luogo in cui si mangia perchè rappresenta anche il luogo dove si incontrano supporto sociale e coinvolgimento familiare.

Le buone regole educative hanno un effetto indiretto e positivo sul peso anche perché favoriscono abitudini alimentari più corrette come per esempio il maggior controllo che possono esercitare i genitori su quanto e cosa mangiano i figli, maggiore equilibrio nelle porzioni ecc. Inoltre la mancanza di distrazioni dovrebbe permettere di apprezzare maggiormente i sapori.

Fonte: ‘La Repubblica’ del 5 novembre 2013

Lo studio citato contribisce giustamente a spostare l’attenzione dalla quantità di cibo e calorie (e quindi diete) alle motivazioni che portano ad abitudini scorrette. Nonostante quando si parla di sovrappeso venga frequentemente posta l’attenzione sulle diete, i fattori maggiormente in gioco possono essere di tipo emotivo.

Come è stato messo in evidenza anche nei quaderni della Salute, di cui si è parlato http://www.attraversolafamiglia.it/?p=305, ci possono essere fattori sociali, familiari, culturali che influiscono nello sviluppo di problematiche alimentari.

Inoltre chi presenta problemi di sovrappeso spesso è portato a sentire un forte legame fra aspetto fisico e autostima, tanto da finire per confondere il senso di capacità personale con l’aspetto esteriore. Mettere l’attenzione prevalentemente sulle calorie e quantità di cibo talvolta non aiuta perché non coglie il motivo principale sottostante all’aumento di peso.

Le componenti citate risultano particolarmente importanti quando si tratta di bambini e adolescenti perché l’identità e l’autostima sono ancora in fase di formazione.

Scritto da: Letizia Mannino

Genitori in competizione

Di recente diversi quotidiani hanno riportato un episodio accaduto durante una partita di un torneo di calcio fra esordienti di età tra 6 e 14 anni.  I genitori di un ragazzino che giocava nella squadra che ha perso la partita hanno aggredito un compagno di squadra del figlio ritenedolo responsabile di non avergli passato la palla e  quindi colpevole di avere causato la sconfitta

Il quotidiano “La Stampa” riporta il commento di Sergio Vatta, ex allenatore delle Giovanili del Torino, non solo sull’accaduto ma sul problema della competitività, in generale, quando è spinta dai genitori e non dai figli che giocano: “Li sento gridare dagli spalti: ‘dai forza picchia anche tu, e mi chiedo che tipo di educazione possono trasferire genitori così ai propri figli. Ho fatto decine di stage per giovani calciatori. La verità è che gli stage dovremmo farli ai genitori.”

L’articolo del quotidiano “La Stampa” si conclude con un messaggio di Vatta ai genitori: “Solo un giovane su quarantamila diventa professionista. E con quarantamila giovani si fanno tantissime squadre. Ecco, meglio pensare al gioco. E a divertirsi. In campo e sugli spalti”.

Fonte “La  Stampa” del 29 ottobre 2013

Le parole dell’allenatore mostrano che, al di là delle specifico episodio di cui si è parlato, accade che siano proprio i genitori ad incitare i figli verso comportamenti scorretti. Sembra che in alcuni casi il bisogno di prevalere diventi più forte del rispetto per l’altro; modalità che diventa preoccupante quando viene attuata proprio da coloro che dovrebbero dare l’esempio e fornire insegnamenti educativi.

 

Scritto da: Letizia Mannino

Le competenze per vivere oggi

Confronto punteggio medio di literacy ottenuto nei Paesi partecipanti all’indagine PIAAC

Fonte: elaborazione ISFOL su dati  OCSE/PIAAC 2012

Fonte: http://www.isfol.it/primo-piano/i-dati-dellindagine-isfol-piaac

A ottobre sono stati diffusi i risultati dell’indagine internazionale PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) promossa dall’Ocse che analizza il livello di competenze fondamentali della popolazione tra i 16 e i 65 anni in 24 paesi. In Italia l’indagine è stata svolta dall’Isfol su incarico del Ministero del Lavoro.

“In sintesi, le competenze prese in considerazione dal programma sono quelle fondamentali per la crescita individuale, la partecipazione economica e l’inclusione sociale (literacy) e quelle per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta (numeracy). Competenze sulle quali, ci dicono i dati PIAAC, gli adulti italiani sono ben al di sotto della media degli altri paesi, anche se rispetto alle precedenti indagini Ocse (IALS 1994-98 e ALL 2006-08) tale distanza si è ridotta.” http://www.isfol.it/primo-piano/i-dati-dellindagine-isfol-piaac

Le competenze sono espresse in punteggi che sono poi riconducibili a 6 diversi livelli; il livello 3 è considerato il minimo indispensabile per vivere e lavorare nell’attuale Società.  In riferimento alle competenze alfabetiche il 29,8% degli adulti italiani si colloca a livello 3 o superiore , il 42,3 al livello 2 e il 27,9% non supera il livello 1. In merito alle competenze matematiche il 28,9% e al livello 3 o superiore, il 39% a livello 2 e il 31,9% al livello 1 o inferiore.

Per approfondimenti: http://www.isfol.it/primo-piano/i-dati-dellindagine-isfol-piaac

Questi dati risultano interessanti non solo per comprendere fenomeni come quelli occupazionali  ed economici ma, anche, perché queste competenze servono a “comprendere” il mondo; infatti riguardano aspetti della vita comune come ‘saper leggere’ un grafico, tabelle ecc, insomma la capacità di utilizzare e interpretare le informazioni.

 

Scritto da: Letizia Mannino

Indagine Istat: molti libri e pochi lettori

Persone che hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi (per 100 persone di 6 anni e più)

Fonte: http://www.istat.it/it/cultura-comunicazione-e-tempo-li

L’indagine “Noi Italia” condotta dall’Istat mette in evidenza come a fronte di molti libri pubblicati i lettori risultino invece pochi.

“La lettura di libri gioca un ruolo importante nel processo di crescita individuale, fin dalle più giovani fasce di età. Più gli individui leggono, più riescono a mantenere aggiornate, efficienti e flessibili le loro conoscenze, ossia il loro capitale umano, e riescono a interagire meglio con le altre persone, accrescendo il loro capitale sociale”. http://noi-italia.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1[id_pagina]=443&cHash=883178956a0049718cd5ae7c3bcf6353

Dall’indagine Istat risultano i seguenti dati relativi alle abitudini di lettura nel tempo libero (quindi non per motivi professionali o scolastici) nel 2012:

  • il 46% della popolazione dichiara di avere letto almeno un libro nell’arco di un anno
  • tra i lettori, il 46% dichiara di avere letto al massimo 3 libri nell’ultimo anno.
  • soltanto il 14,5% afferma di averne letti minimo 12

Nonostante la bassa percentuale di persone che dichiarano di leggere è confortante il dato che dopo una contrazione registrata nel 2011 nel corso del 2012 i lettori sono aumentati; e, dato positivo, aumenta la percentuale dei bambini e ragazzi che leggono nella fascia di età dai 6 ai 17 anni.

L’indagine riporta anche la distribuzione dei lettori per regione da cui emerge un dato trasversale che caratterizza tutto il territorio secondo il quale le donne leggono più degli uomini. La differenza è presente in quasi tutte le classi di età ma risulta massima nella fascia tra i 15 e i 17 anni (dove la percentuale di lettrici raggiunge quai il 71% mentre quella dei ragazzi il 49%); lo scarto si riduce invece solo dopo i 65 anni fino ad invertirsi tra gli ultra 75enni dove gli uomini iniziano a leggere più delle donne (24,3% contro 23%).

Fonte: http://noi-italia.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1[id_pagina]=443&cHash=883178956a0049718cd5ae7c3bcf6353

Alla luce del ruolo che svolge la lettura nel processo di crescita individuale e sociale i dati Istat, circa le abitudini degli italiani, sono importanti perchè evidenziano un interesse contenuto verso la lettura che invece risulta utile e arricchente dal punto di vista umano. Come mostra anche lo studio, di cui si è parlato,  condotto da Emanuele Castano alla New School for Social Research di New York e pubblicato su Science, la lettura svolge un ruolo importante anche rispetto allo sviluppo della capacità di comprendere gli stati emotivi degli altri; competenze necessarie allo sviluppo di relazioni soddisfacenti non solo sul piano affettivo ma in genere.

Se si considera che i dati Istat non forniscono una indicazione sul genere letterario dei libri letti, sembra emergere che una fascia consistente della popolazione non utilizza la lettura come stimolo alla crescita personale.

Scritto da: Letizia Mannino

Leggere… le emozioni

Una ricerca, pubblicata su Science, condotta da Emanuele Castano alla New School for Social Research di New York in collaborazione con un dottorando esperto di letteratura russa dimostra che chi legge romanzi comprende meglio gli stati emotivi degli altri.

“’L’ipotesi da cui siamo partiti’ ha raccontato Castano al telefono dal suo ufficio a New York ’è che il romanzo letterario possa costituire una specie di allenamento alla comprensione delle emozioni e dei pensieri degli altri’. In termini tecnici, la capacità di decifrare quel che passa per la testa delle altre persone, essenziale in qualunque tipo di relazione sociale, si chiama “teoria della mente”: si acquisisce non prima dei cinque sei anni di età, anche se, secondo alcuni esperti, anche i bambini molto piccoli o perfino alcuni animali ne sarebbero dotati in forma rudimentale. Di sicuro, comunque, quando la teoria della mente non si sviluppa in maniera corretta, nascono dei problemi nella capacità di interagire con gli altri, come nell’autismo, oppure in alcune forme di psicopatologia”. Fonte: http://scienza.panorama.it/leggere-aiuta-a-capire

“Castano e Kidd lo dimostrano grazie a cinque esperimenti. Hanno prima chiesto ai volontari di leggere tra le dieci e le quindici pagine estratte sia da “capolavori letterari”, come storie scritte da Anton Checov e Don DeLillo o vincitrici dell’Henry Prize e del National Book Award, sia da best seller racimolati su Amazon: le opere ad esempio di Daniel Steel e Gyllian Flynn. Poi, chiusi i libri, via ai test per misurare il potere di “leggere”, non più le parole, ma il pensiero: il Diagnostic Analysis of Nonverbal Accuracy 2 –  Adult Faces (DANVA2-AF), in cui si guarda il viso di una persona per due secondi e si decide se è allegra, triste, delusa o arrabbiata. E il Reading the Mind in the Eyes test (RMET): a essere mostrata è solo una porzione di volto cui attribuire un’emozione a scelta tra le quattro a disposizione che spaziano tra lo “scettico” e il “contemplativo”. Fonte: http://www.repubblica.it/scienze/2013/10/17/news/leggere_pensiero_buone_letture-68809968/?ref=HRERO-1

In tutti gli esperimenti coloro che avevano letto pagine di romanzi letterari ha ottenuto punteggi migliori in test di riconoscimento delle emozioni.

Lo studio sembra, quindi, dimostrare che leggere romanzi letterari aiuta a sviluppare la capacità di compredere gli stati d’animo degli altri ma che non tutte le letture sono uguali; infatti, coloro che hanno letto romanzi letterari (come ad es. Checov o Anna Karenina di Tolstoj) hanno ottenuto un risultato migliore.

Un altro studio di cui si è parlato http://www.attraversolafamiglia.it/?p=42 mostrava come è cambiato, nel tempo, l’uso delle emozioni nella letteratura; questi dati forse possono aiutare a spiegare perché non tutte le letture sembrano portare allo stesso risultato. Infatti perché un romanzo permetta di immedesimarsi o di allenarsi a riconoscere gli stati emotivi deve parlare di emozioni.

Scritto da: Letizia Mannino

Bullismo tra fratelli

Un articolo pubblicato sul Corriere della Sera cita una ricerca della Clemson University apparsa sul Journal of Interpersonal Violence secondo la quale in alcuni casi dietro le schermaglie tra fratelli possono nascondersi atti di vero e proprio bullismo la cui gravità viene spesso ignorata dai genitori e dagli stessi bambini.

Robin Kowalski, docente di psicologia, e il suo team hanno preso in esame la testimonianza di circa trenta coppie di fratelli che hanno riportato di avere avuto esperienze di bullismo in famiglia.  Il dato che ha colpito Kowalki è che al contario di quanto accade, ad esempio, negli episodi di bullismo a scuola dove i “bulli” sono solitamente restii a dichiararsi tali, tra fratelli invece la percentuale di coloro che hanno dichiarato di essere il “carnefice” della situazione è stata maggiore di coloro che si sono sentiti vittima.  E’ come se nell’essere arroganti nei confronti di un fratello i ragazzi si sentissero meno colpevoli rispetto a quando la prepotenza è esercitata verso un compagno di scuola. “Il bullismo tra fratelli” – secondo l’esperta – non sembra essere percepito come un problema, ma viene accettato come qualcosa di normale”.

“Gli episodi di violenza tra fratelli sono spesso ignorati, anche se in realtà sarebbero 4-5 volte più frequenti rispetto a quelli che coinvolgono altri membri della famiglia. Mamma e papà non sembrano indignarsi e preoccuparsi per atti di bullismo tra i loro figli come invece accade quando questi comportamenti si ritrovano a scuola o tra compagni di gioco. E’ importante però che i genitori siano più consapevoli dei rischi che i loro ragazzi corrono e che non chiudano gli occhi davanti a violenze fisiche o verbali attuate da un figlio nei confronti di un altro. Anche perché, secondo gli studi, un bambino, vittima di bullismo da parte del fratello, sarà con più probabilità vittima di bullismo da parte dei compagni. L’ambiente domestico, con la sua stretta convivenza, secondo gli esperti, è uno dei luoghi dove i meccanismi psicologici che danno origine al bullismo possono meglio attecchire. E’ importante dunque far sapere ai ragazzi che violenza e ostilità, anche se esercitate da un fratello, non possono essere tollerate dai genitori. Questi dovrebbero poi promuovere ogni aspetto positivo della relazione tra i loro figli per salvaguardarne il benessere psicologico e il loro futuro senso di autostima”.

Fonte: Corriere della Sera (Salute) del 17 ottobre 2013 – http://www.corriere.it/salute/pediatria/13_ottobre_16/quando-bullismo-fratelli-rischio-che-non-innocuo-cbef3adc-3662-11e3-b4e4-e4dfbe302858.shtml

L’articolo mette in evidenza come è all’interno della famiglia che, principalmente, si dovrebbe imparare a rispettare l’altro e a sentirsi meritevoli di rispetto, sviluppando quindi una buona autostima. E sempre nel contesto familiare e dei primi legani che si dovrebbe cercare di prevenire lo sviluppo di modalità relazionali che possono portare a comportamenti di bullismo, o più genericamente aggressivi, nella relazione con gli altri.

 

Scritto da: Letizia Mannino