Tutti gli articoli di Letizia Mannino

L’età della patente

Solo un diciottenne su quattro prende la patente appena raggiunta la maggiore età. Il Quotidiano ‘Corriere della Sera’ pubblica un articolo  -‘Mamma dammi un passaggio”. Giovani,  la patente non è una priorità – che riporta un’indagine condotta da Facile.it che ha rielaborato i dati rilevati dal Ministero delle infrastruttere e dei Trasporti. Viene evidenziata una differenza fra le ragazze , che in media si mettono alla guida a 21 anni e 9 mesi e i ragazzi che invece guidano a 20 anni e 8 mesi in media. La più alta percentuale di neopatentati a 18 anni si trova in  Molise, Basilicata e Campania dove sono il 35% del totale, mentre in Liguria e Sardegna la percentuale scende rispettivamente a 18% e 14%.

Non avendo un dato di comparazione sugli anni precedenti è difficile capire il significato di questo dato.  Potrebbe essere coerente con una minore disponibilità economica da parte delle famiglie e un cambiamento di esigenze negli spostamenti. Bisognerebbe avere i dati di quanti ragazzi hanno la patente AM, le patenti A e la B1.

Scritto da: Letizia Mannino

La fragilità fa cambiare le regole a Cambridge

Tutto il mondo è paese?  Cambridge cambia le sue tradizioni per non ferire la sensibilità di alcuni studenti? Il quotidiano “Corriere della Sera” riporta nell’articolo «I ragazzi sono fragili», Cambridge pubblica i voti finali solo a richiesta», la notizia che dopo trecento anni in cui gli studenti sono stati informati dei loro risultati  tramite pubblicazione degli stessi, la tradizione verrà interrotta. In seguito alle proteste di alcuni gruppi di studenti pare che in futuro la pubblicazione dovrebbe essere subordinata al consenso degli allievi.

Sempre da quanto si legge nell’articolo la decisione sarebbe l’effetto di una campagna, contro i voti esposti, condotta da parte dei rappesentanti di alcuni gruppi di studenti e motivata dall’idea che mostrare i risultati può ledere la privacy e nel caso di ragazzi  fragili potrebbe contribuire a creare problemi psicologici come ansia da prestazione, depressione e flessione dell’autostima.

Prendiamo spunto dalla notizia su Cambridge ma il problema educativo oggi è presente in modo diffuso. Forse può sorprendere un po’ che un’Università prestigiosa come Cambridge, dove ci si potrebbe attendere che gli studenti siano consapevoli della competizione, si possa trovare a dover affrontare questo tipo di questioni che mettono in discussione secoli di tradizione.

Anche in questo caso sembra si tenti di superare le difficoltà connesse con il processo di crescita modificando l’ostacolo. La questione che si discute non è l’opportunità o meno di pubblicare i risultati ma se il modo migliore per aiutare dei ragazzi più sensibili e insicuri è quello di modificare lo stimolo disturbante e non piuttosto aiutarli a comprendere qual’è la difficoltà così da poterla affrontare sul nascere, all’origine.

E’ evidente che per gli studenti che hanno problemi di autostima, insicurezza e preoccupazione per il giudizio degli altri (docenti, genitori, compagni), contesti molto competitivi possono rappresentare uno stress e creare ansia. Ma si tratterebbe di approfondire le caratteristche del contesto educativo perché la competizione fa parte della vita; tuttavia, se eccessiva potrebbe portare i ragazzi a privilegiare i risultati piuttosto che l’apprendimento. Quindi studenti meno pronti o che affrontano materie per le quali sono meno versati potrebbero scoraggiarsi senza riuscire a considerare che molto semplicemente per loro potrebbe essere necessario un tempo o un metodo di apprendimento diverso.

Laddove si manistesta un disagio, in questo caso ciò che ha portato alla raccolta di firme da parte degli studenti, sarebbe opportuno cercare di ricostruire che cosa ha costituito un problema in modo da fare un intervento più mirato. Infatti alcune soluzioni rischiano di togliere ‘il sintomo’ e di non modificare la sostanza disturbante del contesto. I ragazzi, in genere, andrebbero aiutati a ricostruire le cause emotive del loro disagio così da comprendere bene i motivi che ne sono alla base. Se pensiamo a un ipotetico studente molto preoccupato del giudizio degli altri è chiaro che preferirà evitare alcune situazioni di maggiore esposizione come l’interrogazione in aula in presenza dei compagni. Se per aiutare  il ragazzo si fa in modo che possa evitare la situazione temuta – ad esempio privilegiando i compiti scritti –  apparentemente gli si riduce l’ansia, perché viene eliminato lo stimolo, ma non si permette al ragazzo di capire perche la presenza degli altri può essere così inibente, che effetto gli fa la presenza degli altri, in che modo quest’ultima riesce ad ostacolare la concentrazione cosicchè finisce per prestare più attenzione ai compagni in aula piuttosto che focalizzarsi sulla risposta. Provando a individuare i motivi del disagio si può aiutare il ragazzo dell’esempio a cercare di superarlo. Evitare l’interogazione può essere utile solo in una fase transitoria, mentre il ragazzo lavora sulla comprensione del timore dell’interrogazione, così da ridurre lo stress esterno e permettergli di focalizzarsi meglio sulle carattersitiche disagio/preoccupazione che avverte.

Foto pixabay
Scritto da: Letizia Mannino

Scuola: accompagnati o soli?

In seguito alla sentenza della cassazione che ha condannato la scuola perché un ragazzino all’uscita è stato investito, molti Istituti scolastici hanno ritenuto opportuno applicare la legge e hanno emanato delle circolari che prevedono che i genitori devono andare a prendere i figli alle scuole medie e non ammettono le lettere liberatorie da parte di questi. Diversi quotidiani nelle ultime settimane hanno dedicato articoli all’argomento.

Inevitabile che i provvedimenti presi dalle scuole avrebbero suscitato reazioni. E’ evidente che la famiglia dovrebbe essere responsabile di valutare la maturità del figlio oltre che altri aspetti logistici come distanze tra la scuola e l’abitazione da percorrere  eccetera; quindi la decisione di fare andare e/o tornare i ragazzi da soli dovrebbe essere una valutazione dei genitori. D’altra parte se la legge prevede che la scuola ha un obbligo di controllo, da cui la condanna, è necessario che le scuole debbano ‘pararsi’ .

Dapprima la ministra Fedeli ha invitato i genitori a prendere atto che la legge prevede che siano loro a garantire per i figli.

Ma i fatti recenti fanno emergere che quanto prevede la legge non è corrispondente con l’esperienza di fatto che ha lasciato alle famiglie la discrezionalità della decisione;  quindi la Fedeli ha fatto presente che modificare lo stato delle cose dovrà intervenire il Parlamento per modificare la legge. Da qui inevitabilmente la necessità di un intervento da parte del Governo. In modo analogo si è espresso l’ex premier Matteo Renzi che ritiene opportuno che la legge venga modifcata la più presto così da rendere ‘legale’ la responabilità delle famiglie circa l’autonomia da concedere ai figli che frequentano le scuole medie.

Per approfondimento:

Corriere della Sera, Fedeli: cari genitori, alle medie dovete prendere i figli. Lo dice la legge

La Repubblica, Scuole medie, Renzi: subito una legge per consentire ai ragazzi di tornare a casa da soli

Foto pixabay
Scritto da: Letizia Mannino

Alunni accompagnati a scuola

Gli alunni delle medie non possono tornare a casa da soli, è quanto prevede una circolare iviata da diverse scuole ai genitori. All’argomento hanno dedicato articoli i diversi quotidiani.

Perché il problema sorge ora? Quando i dati Istat dicono che un ragazzino su due va e torna da scuola da solo; media che scende nelle grandi città a un bambino su 4.

Pare che la questione nasca da una sentenza della Cassazione che nello scorso maggio ha condannato la scuola e il Miur per la morte di uno studente finito sotto lo scuolabus anni fa.

E’ evidente che la sentenza ha avuto delle conseguenze perche i dirigenti scolastici di alcune scuole italiane hanno sentito il bisogno di pararsi rispetto ad eventuali addebbiti di colpa.

Spiega, sul Corriere della Sera, la preside di un Istituto di Roma “ Capisco il disagio delle famiglie e tutti appoggiamo la ricerca di autonomia dei ragazzi, ma poi arrivano giudici e sentenze a sconfessare tutto e per i tribunali la responsabilità di un 13enne è di un genitore o “precettore”, quindi il docente e il suo responsabile».

Mentre un padre davanti alla scuola, si legge sempre sul quotidiano, commenta: “Una follia: sono ragazzini che magari devono fare poche centinaia di metri per tornare a casa e invece alle 14 dobbiamo venire per farli uscire, altrimenti la preside chiama la polizia”.

Infine il commento del  pedagogista Daniele Novara per il quale la “circolare è un’idea balzana dettata dalla paura, dalla mancanza di responsabilità pedagogica e dalla burocratizzazione della scuola”.

Purtroppo si verificano queste situazioni quando si confonsono vari piani. In questo caso un aspetto legale è entrato nelle logiche educative del rapporto scuola-famiglia interferendone il rapporto fiduciario. Ma talvolta sono le famiglie stesse che chiamano in causa le responsabilità della scuola e delle istituzioni.

Fonte:

Corriere della Sera, Alle medie possono tornare a casa da soli? Una circolare dice di no
Corriere della Sera, Sono duecentomila i bambini che vanno a scuola da soli dagli 8 anni
Scritto da: Letizia Mannino

I cambiamenti della Famiglia

Il 28 e 29 settembre si è tenuta a Roma presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio la Terza Conferenza Nazionale della Famiglia organizzata dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri,  con il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.

Nell’ambito dell’incontro la relazione del presidente dell’Istat Giorgio Alleva ‘Le famiglie italiane: un quadro in continuo cambiamento’ illustra una serie di informazioni come, per esempio, i motivi per cui non si hanno più figli, fino a che età i figli restano in famiglia, la situazione economica delle famiglia e altri dati. La presentazione e gli altri documenti della conferenza possono essere consultati sul sito del Dipartimento delle Politiche per la Famiglia.

Presentazione di Alleva, ‘Le famiglie italiane: un quadro in continuio cambiamento

Dipartimento delle Politiche per la Famiglia

Scritto da: Letizia Mannino

Anche l’amore va in ‘vacanza’…

Il 30% circa delle crisi coniugali prende avvio durante le vacanze estive e a settembre sfocia in un ricorso per separazione, è il dato che rileva il presidente dell’associazione matrimonialisti italiani; e fa notare come mentre le vacanze dovebbero essere un periodo in cui ritrovarsi invece poprio perchè si passa più tempo insieme finiscono per emergere i problemi.

Spiega Gassani, presidente dell’AMI, che “… ogni anno è sempre la solita storia: spesso i coniugi vanno in vacanza pensando all’amante e si fanno puntualmente scoprire e il cellulare, neanche a dirlo è la principale fonte di prova, anche quando stranamente non squilla o è silenziato”.

Il presidente dell’AMI riferisce che negli ultimi cinque anni nei mesi di settembre e ottobre, quindi al ridosso del periodo estivo,  sono state iscritte a ruolo – in media –  25mila separazioni. (fonte www.ami-avvocati.it).

 

 

 

Scritto da: Letizia Mannino

Capire il pianto

Pubblicato dal Corriere della Sera un interessante articolo ‘Come interpretare (e gestire) il pianto
di un neonato: non è solo questione di fame’ che affronta i diversi significati del pianto di bambino e  riporta anche il link di un approfondimento del  The New York Times dove vengono citati gli studi più significativi sull’argomento e viene affrontato il tema dell’obesità infantile e dell’allattamento a richiesta

In effetti il pianto è una delle vie di comunicazione dei neonati e può avere diversi significati. Per i genitori imparare ad osservare e comprendere il motivo del pianto non è importante solo per fornire la risposta più adeguata ma assume un ruolo centrale per lo sviluppo emotivo del bambino. Infatti il binbo impara a individuare meglio i propri bisogni e stati emotivi anche attraverso la risposta dell’adulto. Quindi bambini con genitori che riescono a stablire una buona sintonia più facilmente impareranno a riconocere le proprie necessità e ad avere fiducia nella risposta dell’altro.

I genitori devono imparare a comprendere i diversi significati e pertanto è importante non scoraggiarsi se non si riesce a consolare il bimbo perché è possibile che debba essere compreso meglio il motivo del pianto.

Fonte foto bambino pixabay
Scritto da: Letizia Mannino

Genitori e smartphone

Gli effetti dell’uso dello smartphone sulle relazione vengono studiati dalle diverse prospettive, genitori, adolescenti e bambini ecc. Uno studio condotto da Brandon McDaniel della Illinois State University a Normale e pubblicato rivista Child Development rivela che quando i genitori sono frequentemente distratti dai dispositivi digitali, i figli potrebbe mostrare una maggiore probabilità di manifestare problemi di comportamento, capricci, irrequietezza e altri atteggiamenti che possono esprimere disagio.

Ancora una volta è importante considerare che lo smartphone costituisce un problema solo nella misura in cui offre una opportunità ulteriore di distrazione.

Infatti, quanto descritto dallo studio riportato dall’Agenzia Ansa, è possibiile  ossservarlo anche con altre modalità. Genitori che conversano tra di loro senza interagire con il bambino, nel modo in cui viene distribuita l’attenzione fra i vari componenti della famiglia ecc.

Quando si svolgono attività insieme con i figli è importante che quest’ultimi sentano che il papà e la mamma sono orientati verso di loro e che non vengano contemporanenamente e di frequente distratti da altro.

Fonte Ansa, Uso frequente smartphone può distrarre i genitori dai figli

Foto Pixabay

Scritto da: Letizia Mannino

Adolescenti e smartphone a tavola

L’articolo del quotidiano ‘La Repubblica’ “Adolescenti con lo smartphone a tavola. La psicologa:’Dietro l’abuso la ricerca di contatto sociale’” illustra alcuni risultati di uno studio promosso da Ministero della Salute sul rapporto tra l’uso dello smartphone – e altri strumenti digitali – da parte degli adolescenti e le abitudini alimentari.

Oramai gli smartphone sono compagni inseparabili degli adolescenti e quindi i ricercatori si occupano di indagare l’influenza che possono avere sul loro benessere.
L’indagine ha coinvolto  753 studenti, provenienti da 28 scuole di primo e secondo grado di tutte le province del Lazio, con età media intorno ai 13 anni. I ricercatori hanno osservato che in effetti sembra che un maggior uso dello smartphone si accompagna a condotte alimentari a rischio, come evitamento di alcuni cibi o abbuffate. Inoltre, la ricerca ha osservato come tra le motivazioni sottostanti ad uso di questi dispositivi  per periodi di tempo molto lunghi  sembri finalizzato alla ricerca di un contatto sociale.

Viviana Langher, consigliera dell’ordine degli Psicologi del Lazio e professoressa di Psicologia Clinica alla Sapienza Università di Roma, che ha preso parte agli studio,  spiega come  “quello che dobbiamo chiederci è qual è il contesto sociale ed emozionale in cui crescono i ragazzi? Quanto la condotta alimentare e l’uso di dei device tecnologici possono influenzare la crescita armonica di adolescenti e preadolescenti? Quale tipo di vuoto o disagio cerca di colmare questo uso?”.

Infatti come è stato messo in evidenza in più occasioni  il problema non sono tanto i dispositivi tecnlogici  ma l’uso che ne viene fatto e la comprensione delle eventuali difficoltà che vengono coperte da un utilizzo non equilibrato .

 

Scritto da: Letizia Mannino

Relazione annuale del garante privacy

Diversi quotidiani hanno dedicato degli articoli alla relazione annuale del Garante della Privacy presentata il 6 giugno in Parlamento. Il Corriere della Sera ha pubblicato 2 articoli sull’argomento mettendo in evidenza le parole del Presidente Soro sulla pedopornografia in rete:

«La pedopornografia in Rete, e particolarmente nel dark web, sarebbe in crescita vertiginosa: nel 2016 sono due milioni le indagini censite, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Fonte involontaria sarebbero i social network in cui i genitori postano le immagini dei figli».

Il garante della Privacy avverte di evitare di postare le foto dei figli sui social network perchè le foto   postate sui social alimentano la pedopornografia.

Fonte:

Corriere della Sera, Pedofilia, il garante della privacy Soro: «Non esponete i figli sui socia

Corriere della Sera, Il garante della privacy: «No alle foto dei figli sul web, pericolo pedofilia»

Relazione annuale garante

Discorso del presidente

 

Scritto da: Letizia Mannino