Tutti gli articoli di Letizia Mannino

Tecnologie e bambini

Secondo uno studio condotto dagli esperti del Cohen Children’s Medical Center di New York e presentato durante il congresso delle Pediatric Academic Societies and Asian Society for Pediatric Research, per imparare a parlare, manipolare oggetti e relazionarsi con gli altri, non c’è niente di meglio delle parole di mamma e papà e dei giocattoli tradizionali.

Ruth Milanaik, l’autore principale dello studio spiega ”Abbiamo osservato nella nostra clinica che il giocattolo numero uno che i genitori danno ai figli sono gli smartphone che ormai ha sostituito i libri e i giocattoli ‘tradizionali’. La tecnologia però non può rimpiazzare il contatto diretto con i figli, che è la miglior fonte di apprendimento”.

Recentemente un altro allarme sull’argomento è giunto dalla Gran Bretagna durante un congresso di una associazione insegnanti. I maestri britannici rilevano che i bimbi alla materna sanno far scorrere uno schermo ma non hanno le abilità cognitive per usare le costruzioni; inoltre hanno  difficoltà nelle relazioni con i compagni e con gli insegnanti.

Fonte ANSA – Leggi articolo

Fonte La Repubblica – Leggi l’articolo

Scritto da: Letizia Mannino

Serve dare sculacciate ai bambini?

Dare le sculacciate ai bambini per educarli a non fare le cose non serve, anzi può essere controproducente. E’ quanto emerge da una ricerca della Southern Methodist University, negli Usa, pubblicata sulla rivista Journal of Family Psychology. Gli studiosi hanno osservato che i bambini che venivano sculacciati, in genere, dopo appena 10 minuti ripetevano il comportamento che era stato punito.

“Sculacciare i bimbi non solo non funziona, ma può renderli anche aggressivi, ansiosi e depressi” spiega il dottor David Holden, che ha condotto la ricerca.

La notizia si conclude ricordando altri studi che, in passato, hanno dimostrato come i bimbi che ricevono punizioni corporali hanno un vocabolario più ridotto, un rendimento peggiore a scuola, e sono più portati a rompere le regole.

Fonte ANSA

Scritto da: Letizia Mannino

Regalare solidarietà

Il Logo dell’associazione creata dai genitori di Mathys

Nei giorni scorsi il senato francese ha adottato la “Legge di Mathys”, che prevede la possibilità per i dipendenti del pubblico e del privato di «rinunciare anonimamente e senza contropartita a tutti o a una parte dei giorni di riposo arretrati» in favore di un collega il cui figlio, di età inferiore ai 20 anni, è colpito da «una malattia, un handicap o è vittima di un incidente di particolare gravità».

Tutto è nato nel 2009 da un gesto di solidarietà dei colleghi di Christophe Germain il cui figlio Mathys di 10 anni era affeto da un tumore al fegato. Quando Christophe oramai aveva esaurito tutte le ferie e i permessi, e quindi non sarebbe più potuto stare con il suo bambino quanto avrebbe voluto, un collega ha pensato di fare una colletta di ferie arretrate e con l’autorizzazione della Direzione dell’Azienda gli sono stati trasferiti/donati 170 giorni aggiuntivi.  Questo gesto di solidarietà ha permesso a Christophe di stare vicino al suo bambino fino all’ultimo.

Da allora Christophe Germain si è impegnato perché quell’espediente, fuori da ogni regola, potesse diventare una possibilità offerta a tutti;  ci è riuscito ottenendo l’approvazione delle “Legge di Mathys” che porta il nome del figlio.

Fonte: Il Corriere delle Sera –  Articolo di Stefano Montefiori

Scritto da: Letizia Mannino

Prospettive… diverse…

Scritto da: Letizia Mannino

Bullismo e incubi notturni

Una ricerca dell’Università britannica di Warwick ha osservato oltre 6 mila bambini, scoprendo un’associazione tra l’essere stato oggetto di ‘persecuzioni’ nei contesti sociali come la scuola e i disturbi del sonno.

Talvolta i bambini vittime di bullismo soffrono in silenzio e non parlano di quanto gli accade; ma il problema può essere rivelato dai disturbi del sonno. Infatti, il sonno è fortemente influenzato dalle esperienze che vengono vissute durante il giorno e se ci sono traumi o eventi stressanti che si ripetono, il sonno ne subisce le ripercussioni anche a distanza di anni, mantenendo l’organismo in un costante stato di vigilanza e ansia.

Dieter Wolke, docente di psicologia dello sviluppo presso l’Università di Warwick  spiega: “Le nostre conclusioni indicano che essere vittima di bullismo rappresenta un evento significativamente stressante e traumatico che conduce a un incrementato rischio di problemi legati alla sfera del sonno” “Si tratta di un indicatore facilmente identificabile che ci fa capire che qualcosa di spaventoso viene rielaborato durante la notte. I genitori devono far caso a disturbi di questo genere e parlare con i propri figli per capire se stanno vivendo un’esperienza di bullismo”.

Secondo i ricercatori, anche i pediatri dovrebbero tener conto di questo studio e considerare gli i disturbi del sonno come possibili segnali.

Fonte: La Repubblica – Leggi l’articolo di Irma D’Aria

Scritto da: Letizia Mannino

Malattia e divorzio

Da una ricerca dell’Universita’ del Michigan presentata al meeting annuale della Population Association of America emerge che quando in una coppia un partner è malato, in particolare fra quelle più adulte, i divorzi aumentano se è la donna ad avere problemi di salute.
Lo studio non indaga le ragioni per le quali quando sono le donne ad ammalarsi le relazioni tendono a rompersi ma la dottoressa Amelia Karraker e il suo team provano a formulare una spiegazione. “Le aspettative sociali sul caregiving non mettono solitamente l’uomo di fronte al fatto di dover necessariamente prendersi cura della propria partner malata – spiega Karraker – in più, gli uomini divorziati anche se adulti hanno, per una sorta di squilibrio tra i generi, più chances di trovare una nuova compagna rispetto alle donne divorziate”. “Non abbiamo informazioni su chi abbia scelto di divorziare tra le coppie studiate – conclude – ma occorre tenere in mente che in alcuni casi e’ la donna a chiedere di interrompere la relazione. Può darsi che si ammali, il marito non la accudisca come dovrebbe e lei preferisca lasciarlo andare via appoggiandosi ad altri familiari e agli amici”.

Fonte ANSA – Articolo

Scritto da: Letizia Mannino

Offese in famiglia e obesità

Secondo uno studio condotta dai i ricercatori dell’University of California che ha coinvolto oltre 2.000 bambine di 10 anni e seguite fino a 19 anni di età, prendere in giro una bambina definendola ‘cicciona’ o ‘troppo grassa’ comporta il rischio che effettivamente da adulta diventi obesa; nel 60% dei casi se il giudizio è stato espresso da familiari e del 40% se proviene da altri .

I ricercatori hanno precisato che non hanno individuato un rapporto diretto di “causa ed effetto” tra  il sentirsi prese in giro delle bambine e il rischio di diventare obese, ma un incremento della vulnerabilità.

“I disturbi della condotta alimentare hanno un’evidente componente psicologica e, in molti bambini, il giudizio altrui è molto sentito tanto da indurli a variare il proprio comportamento alimentare – sottolinea Andrea Vania, dipartimento di pediatria e neuropsichiatria infantile alla Sapienza università di Roma, esperto di nutrizione della Società italiana di pediatria SIP.  “Per aiutarli è fondamentale evitare di giudicarli. Il giudizio pesa molto sui bambini perché lo interpretano non solo come una mancanza di stima nei loro confronti ma, in particolare se l’offesa parte dai genitori, anche come una mancanza di affetto.

Fonte ANSA – Articolo

Comprensibilmente lo studio non ha trovato un nesso di causa effetto perchè non sono le critiche che direttamente provocano l’obesità ma l’atteggiamento squalificante e giudicante (anche non intenzionale) da parte della famiglia; stile relazionale che può ostacolare lo sviluppo nelle bambine della fiducia in se stesse e dell’autostima.

Scritto da: Letizia Mannino

Allarme gioco d’azzardo e minori

Secondo un indagine nazionale sul gioco d’azzardo nei minori promossa dalla Società Italiana Medici Pediatri (SIMPe) e dall’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss)  almeno 800.000 bambini e adolescenti italiani fra i 10 e i 17 anni giocano d’azzardo, ovvero il 20%, praticamente uno su 5.  Anche i più piccoli purtroppo sono tentati dal gioco: addirittura 400.000 bimbi fra i 7 e i 9 anni hanno già scommesso la paghetta su lotterie, scommesse sportive e bingo;  lo studio è stato presentato durante l’International Pediatric Congress on Environment, Nutrition and Skin Diseases a Marrakech.

Sempre dall’indagine emerge che il 90% del campione dei genitori intervistati non conosce il termine ludopatia. Il presidente del SIMPe ha anche lanciato un appello alle istituzioni perchè venga posto uno stop a ogni tipo di pubblicità sul gioco d’azzardo in tv e che vengano poste delle limitazioni all’accesso e alla possibilità di scaricare giochi da smartphone e pc.

Fonte ANSA –  Leggi articolo

Scritto da: Letizia Mannino

Libido e dolore

Una ricerca canadese, della McGill University di Montreal, pubblicata sulla rivista Journal of Neuroscience mette in evidenza come il dolore non ferma la libido degli uomini, mentre alle donne può bastare un semplice mal di testa.

E’ stato analizzato il comportamento di alcuni topi, maschi e femmine e dall’osservazione dei loro comportamenti e’ emerso che se i maschi erano sempre propensi a un contatto fisico, le femmine restavano a distanza quando avevano dei dolori, anche non molto forti.

Trasposto dagli animali all’uomo questo comportamento, secondo gli studiosi, evidenzia come il desiderio sessuale per le donne è molto dipendente dal contesto e venga molto influenzato dall’autostima.

Fonte  Ansa

Ancora uno studio che mette in evidenza differenze fra gli uomini e le donne. Purtroppo le informazioni riportate nell’articolo non spiegano attraverso quali dati i ricercatori siano arrivati alle conclusioni riguardo gli esseri umani.

Scritto da: Letizia Mannino

Famiglia, anziani e internet

Da un’indagine condotta su oltre 3.000 pensionati americani, uomini e donne, dai ricercatori della Michigan State University e pubblicata su The Journal of Gerontology è emerso che fra coloro che avevano computer ”Un anziano su tre era meno depresso, con sintomi inferiori in media del 33% rispetto a chi invece non aveva accesso alla rete. Inoltre in chi vive da solo gli effetti benefici sono ancora superiori”. Gli autori della ricerca incoraggiano quindi figli, nipoti e parenti ad insegnare agli anziani ad usare il computer anche quando superano gli 80 o i 90 anni di età. ”Internet è un ottimo strumento di integrazione sociale e, con un po’ di esercizio, anche ad una età avanzata si può imparare facilmente a scrivere email, allegare foto, chattare e navigare e distrarsi”, concludono gli esperti.

Fonte Ansa – Leggi l’articolo

Scritto da: Letizia Mannino