Tutti gli articoli di Letizia Mannino

Coppia: la dinamica del demand-withdraw

Si sa che i circoli viziosi costituiscono sempre un problema per la coppia. ‘La Repubblica’ ha dedicato un articolo alla dinamica del demand-withdraw, una sequenza di richiesta e ritiro  dove  uno dei  partner  si lamenta e l’altro si ritira dal conflitto; sequenza che si osserva abbastanza di frequente nelle coppie in crisi.

Una ricerca condotta dall’Università del Texas, che ha coinvolto più di 14mila persone, ha messo in evidenza che se questa dinamica si prolunga nel tempo può avere effetti negativi sulla coppia; con la conseguenza di determinare un circolo vizioso.  I danni secondo la ricerca possono essere sia di tipo emotivo che fisico, come ansia, aggressività, ma anche problemi intestinali e sessuali. Osserva Paul Schrodt, autore della ricerca e professore di scienze della comunicazione presso l’Università del Texas:”I due partner si ritrovano bloccati in questo modello perché ognuno vede l’altro come il problema e come la causa del conflitto”. Fonte La Repubblica – Leggi l’articolo

Per uscire da questo tipo di situazioni entrambi i partner devono apportare dei cambiamenti, ma spesso l’importante è che almeno uno dei due prenda l’iniziativa così da poter interrompere il circolo vizioso. Infatti, finché entrambi attribuiscono all’altro la responsabilità e colpa della situazione è dfficile che riescano a guardare ai motivi del conflitto da  prospettive diverse.

Scritto da: Letizia Mannino

Partner e carriera

 

Ancora una studio che mette in evidenza l’importanza del rapporto di coppia; in questo caso si parla di carriera. L’AGI riporta la notizia di uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori della Washington University di Saint Louis e in corso di pubblicazione sulla rivista Psychological Science che mostra una stretta correlazione tra la realizzazione degli obiettivi di carriera e le caratteristiche di personalita del proprio coniuge. Fonte AGI – Leggi la notizia

 

Scritto da: Letizia Mannino

Primo giorno di scuola: i genitori piangono

Il ‘Corriere della Sera’ riporta i risultati di un sondaggio britannico condotto dal marchio Fairy Non Bio e pubblicata da Dailymail. L’indagine condotta su circa 2000 genitori ha voluto fotografare come questi affrontano il primo giorno di scuola dei figli.

E’ emerso che mediamente madri e padri piangevano, in occasione dell’esperienza del primo giorno di scuola, cinque volte di più rispetto ai figli.

Inoltre si legge sul ‘Corriere della Sera’: “ più della metà delle madri ha iniziato a frignare fragorosamente, il 44 per cento dei genitori ha iniziato proprio in corrispondenza della data infausta a pensare a un altro figlio e i tre quarti dei padri e della madri ha dichiarato di vivere il primo giorno di scuola come la fine definitiva di un’epoca”. Fonte: Corriere della Sera – Leggi l’articolo

Quanto risulta dal sondaggio britannico sembrerebbe mettere in evidenza una difficoltà di alcuni genitori a svolgere una funzione di riferimento e sostegno per i bambini, in questo caso in occasione del primo giorno di scuola. Infatti difficilmente un genitore riesce a svolgere un ruolo di rassicurazione se lui per primo non riesce a contenere il pianto. Aspetti della relazione genitore-bambino che, invece, secondo la ‘Teoria dell’attaccamento’ risultano importanti ai fini dello sviluppo emotivo del bambino e di un senso di sicurezza e autonomia.

Scritto da: Letizia Mannino

Social network e emozioni

Ancora uno studio che si occupa di esplorare relazioni virtuali e reali. Il Venerdi di Repubblica riporta un’indagine condotta dalla psicologa Patricia Greenfiled, dell’Università della California a Los Angeles, che ha scoperto, in uno studio condotto su undicenni, che stare troppo a lungo sui social network fa perdere capacita sociali di base come riconoscere le emozioni degli altri. La Greenfiled, haottoposto un centinaio di undicenni, assidui utilizzatori di social, a un test basato sul riconoscimento,attraverso la visone di foto e video, delle cinque emozioni di base (paura, felicità, rabbia, sorpresa edisgusto).

Successivamente al test metà dei partecipanti all’esperimento si è recata a un campeggio dove non era possibilie utilizzare tecnologie come TV, smartphone, computer ecc., mentre l’altra metà ha proseguito nelle attività quotidiane. Al termine del periodo di campeggio tutti  bambini sono stati sottoposti nuovamente al test di riconoscimento; chi non aveva urilizzato tecnologie ha mostrato un netto miglioramento nel riconoscimento delle emozioni.

La ricercatrice ha quindi concluso che per sviluppare una buona capacità di riconoscere le emozionie non è sufficiente interagire sui social ma e necessario avere relazioni con le persone nel mondo reale. Fonte: Il Venerdi di Repubblica del 12/09/2014

Rivestono interesse gli studi sulla capacità di riconoscere le emozioni in quanto queste costituiscono una competenza importante in tutte le relazioni ma sicuramente ancor più in quelle affettive.

Scritto da: Letizia Mannino

I ‘costi’ della violenza domestica

Purtroppo ancora uno studio che dà la portata del fenomeno violenza domestica nel mondo.  Due ricercatori dell’università di Oxford e di Stanford, Anke Hoeffler e James Fearon, hanno calcolato che per ogni morto su un campo di battaglia, almeno nove muoiono per violenza domestica; inoltre i ricercatori quantificano il costo «assoluto» della violenza: 9,5 trilioni di dollari l’anno.

Lo studio è stato condotto da un Centro che si occupa di produrre analisi e strategie per combattere minacce globali come i cambiamenti climatici e la malaria; nel Centro lavorano più di cinquanta economisti tra cui tre vincitori di Premi Nobel.  Si legge nell’articolo del ‘Corriere della Sera’ dedicato all’argomento che:  “Lo studio sulla violenza domestica ha come obiettivo quello di aiutare le Nazioni Unite a fissare le priorità per il 2030, dopo che saranno state affrontate quelle del 2000-2015, che includono il controllo della povertà e il miglioramento delle risorse idriche. I nuovi obiettivi mirano a fermare metodi educativi basati sulle percosse, e la violenza contro le donne a casa.”

Lo studio si conclude con un appello alle Nazioni Unite affinchè vengono investite più energie e strategie nei confronti di forme di abuso che pur avendo un impatto estramente devastante ricevono meno attenzione delle guerre. Fonte: Corriere della Sera – Leggi l’articolo

Scritto da: Letizia Mannino

Compiti delle vacanze…

Compiti delle vacanze: in Inghilterra si leggono libri, in Francia non vengono assegnati. Ma ’Italia ha vacanze estive molto lunghe, ad esempio, il doppio che in Inghilterra e un mese in più che in Francia. Parla dell’argomento il Corriere della Sera  con l’articolo ‘L’incubo dei compiti delle vacanze. Sono diventati un affare di famiglia’ che riporta il parere di alcunie esperti.

Per Francesco Dell’Oro, fino all’anno scorso responsabile del servizio di orientamento scolastico del Comune di Milano, un errore è proporre dei compiti-fotocopia delle cose fatte in classe nel corso dell’anno:  “Se lo scopo è quello di non far staccare la spina ai ragazzi durante i tre mesi di blackout estivo, allora sicuramente non lo si raggiunge riproponendo sempre le stesse cose (…)’

Raffaele Mantegazza, docente di Pedagogia all’università Bicocca di Milano si dice favorevole ai compiti ma preoccupato della loro mancanza di creatività:”(…) Ai bambini bisognerebbe chiedere di rielaborare il proprio vissuto: racconta la tua estate, colleziona foto e fanne un collage, scrivi una filastrocca in inglese, ripassa le tabelline usando le conchiglie raccolte in spiaggia o la sera a cena moltiplicando 4 pizze per 9 euro”.

E Mantegazza si esprime anche sull’abitudine frequente da parte dei familiari di aiutare nel fare i compit: “I genitori dovrebbero controllare che i figli facciano i compiti ma non intromettersi. Così si finisce per comunicare sfiducia. Se il compito non è chiaro, se il bimbo non lo può fare, non lo deve fare. Chiederà poi alla maestra come andava fatto quando tornerà a scuola”. Fonte: Corriere della Sera – Leggi l’articolo

Scritto da: Letizia Mannino

Il patto scuola-famiglia

Anche il Papa ha affrontato la questione del patto fra scuola e famiglia in occasione dell’incontro con i direttori di Scholas Occurrentes. Ne parla il ‘Corriere della Sera’ del 5 settembre riportando alcune parole del Papa durante il discorso:

Una volta, in quarta elementare ho mancato di rispetto alla maestra e la maestra mandò a chiamare la mia mamma” racconta Papa Francesco. “Venne mia madre, entrò in classe e la maestra uscì. E poi mi chiamarono. E la mia mamma, molto tranquilla – io temevo il peggio! – mi disse: ‘Tu hai fatto questo, questo e questo? Hai detto questo alla maestra?. “Sì”. “Chiedile perdono!”. E io chiesi perdono. Ero felice e fu facile. Il secondo atto ci fu quando arrivai a casa…”

Il Corrierre riporta ancora dall’intervento del Papa: «Oggi, in tante scuole della mia patria una maestra scrive una osservazione nel quaderno del bambino e il giorno successivo arriva il padre o la madre, denunciando la maestra. E rotto il patto educativo!». Fonte: Corriere della Sera del 5/09/2014

Il Papa, con il suo modo personale, affronta un tema molto attuale oggi: il patto infranto fra scuola e famiglia. Sempre più spesso, si legge sui giornali di genitori che difendono i figli a priori senza cercare prima di comprendere i fatti; talvolta arrivando anche alla violenza fisica.  Ma genitori, famiglia e scuola dovrebbero essere alleati nell’interesse e a tutela dei ragazzi.

Scritto da: Letizia Mannino

Il ciuccio può interferire con la relazione emotiva

L’AGI riporta la notizia di uno studio della University of Wisconsin-Madison pubblicato sulla rivista ‘Basic and Applied Social Psychology‘ secondo il quale il ciuccio potrebbe interferire con la capacita’ dei genitori di interpretare e rispondere sintonicamente alle espressioni emotive, sia di felicita’ che di disagio, dei bambini. Ad esempio alcune donne a cui sono state fatte osservare foto di bambini sorridenti con il ciuccio avrebbero sottovalutato il livello di contentezza; analogamente osservando foto di bambini tristi avrebbero sottovalutato il grado di sconforto. Fonte AGI – Leggi la notizia

Ai fini delle valutazione emotiva i canali di lettura sono diversi, come ad esempio lo sguardo, la postura, i gesti, ecc. Quindi un genitore non dovrebbe avere, il più delle volte, grosse difficoltà a interpretare in modo abbastanza edeguato lo stato emotivo del figlio. Però non tutti gli individui sviluppano, anche nelle relazioni tra adulti, un’articolata capacità di osservazione e riconoscimento degli stati emozionali; talvolta questa difficoltà può riguardare prima di tutto un riconoscimento chiaro e preciso delle proprie emozioni e, di conseguenza, anche degli altri.

Scritto da: Letizia Mannino

Cene in famiglia ‘proteggono’ dal bullismo

L’AGI riporta la notizia di uno studio della McGill University, pubblicato sulla rivista Jama Pediatrics dal quale emerge che cenare regolarmente in famiglia puo’ contribuire a migliorare la salute mentale degli adolescenti e aiutarli a prevenire e affrontare il problema del bullismo.
Gli studiosi hanno intervistato 20mila adolescenti circa, misurando l’esposizione al bullismo  e indagando sull’eventuale presenza di altri problemi di salute mentale, come depressione, ansia, uso di sostanze, autolesionismo, ecc. Inoltre i ricercatori hanno raccolto informazioni sulle abitudini in famiglia come ad esempio se i giovani cenavano o meno a casa. Dall’indagine sarebbe emerso che avevano più problemi gli adolescenti che cenavano meno spesso in famiglia; il che ha suggerito l’ipotesi che il contatto con la famiglia potrebbe essere di aiuto nel affrontare problemi come il cybebullismo. Però, precisano i ricercatori: “I risultati sono promettenti ma non vogliamo semplificare eccessivamente quello che abbiamo osservato. Molti adolescenti non fanno regolari pasti in famiglia, ma ricevono un sostegno in altri modi”. Fonte AGILeggi la notizia

Probabilmente il fattore protettivo non è dato tanto dal cenare o meno in famiglia ma dalle relazioni emotive che si vivono in una famiglia dove si cena insieme frequentemente. Quindi l’assiduità con cui si mangia a casa potrebbe essere intesa come un indicatore della qualità dei rapporti con le figure genitoriali e gli altri familiari. Pertanto l’aspetto centrale sarebbe costituito da quanto la famiglia riesce a rappresentare un punto di riferimento e un sostegno.

Scritto da: Letizia Mannino

Progettare serve anche nella coppia

“Quando prendi una decisione fortemente motivata, discussa e negoziata, è più probabile che la mantieni”, dice Galena K. Rhoades, psicologa dell’università di Denver che con il collega Scott M. Stanley ha seguito 418 coppie prima e dopo il matrimonio.  Secondo lo studio, di cui parla un articolo pubblicato sul ‘Corriere della Sera- 27°ora’ durano più a lungo le coppie con maggiore progettualità che non quelle che si lasciano più traportare dalla corrente. Pare che nel matrimonio serva la stessa dote che occorre a un manager, cioè la capacità di prendere decisioni, di scegliere con consapevolezza, di saper progettarsi la vita, passo dopo passo.

Dallo studio emergerebbe che hanno basi più solide i matrimoni celebrati con molta partecipazione di familiari e amici. Inoltre, contrariamente a quanto spesso si pensa, avere precedenti esperienze di convivenza con altri partner potrebbe talvolta costituire un ostacolo alla riuscita del matrimonio; in questo caso infatti ci sarebbero minori problemi di confronti e paragoni con altri rapporti. Fonte:  Corriere della Sera – 27° ora

Scritto da: Letizia Mannino